Grandi tappe, La Bionda

Parole e pannolini: nel frattempo, la Bionda…

Prima spannoliniamo, al ciuccio ci pensiamo un'altra volta

Prima spannoliniamo, al ciuccio ci pensiamo un’altra volta

La Bionda parla, o almeno ci prova. Abituati alle parole soppesate con cura dalla Bruna questo effluvio di tentativi di discorso ci intontisce, anche perché la Bionda per il 75% del tempo parla quello che in inglese si chiama gobbledygook, una polenta di parole che hanno senso solo per lei.
Il secondo progresso è sul fronte spannolinamento: a quasi due anni la piccola si rende conto che nel suo corpo succede qualcosa di cui può ottenere il controllo, ma siamo ancora nella fase “te lo dico quando l’ho già fatta”. Bene, tanto abbiamo tutta l’estate davanti per provare a dire addio agli odiosi pannolini: in attesa di rispolverare i pannolini lavabili è davvero gran cosa vedere la differenza che fa su un bambino passare dai pannolini che assorbono mari di pipì a quelli un po’ meno potenti grazie ai quali la Bionda si rende conto di essere zuppa e comincia a segnalare infastidita che sto pannolino s’ha da levare. Su questo tema ovviamente in famiglia si creano grandi divisioni perché io, mamma entusiasta all’idea di:

  • non avere più un fasciatoio ingombrante in camera delle bimbe
  • non dover mai più cambiare il pannolino a un derviscio volante

lascio volentieri che la Bionda si aggiri per casa nuda, non curandomi delle conseguenze immaginabili che invece gettano nel panico Papone, il quale ha un evidente problema con le deiezioni solide delle figlie e mai e poi mai si avvicinerebbe al prodotto se non dotato di un idrante con cui spazzarlo via (soluzione impraticabile tra quattro mura).
Dai Bionda, promettici che per l’estate ci avrai liberati dallo spannolinamento e sapremo ricompensarti come si deve.

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Grandi tappe, lavori da mamma

Quello che pensi di sapere sull’allattamento e invece non sai (post per primipare)

Inizio un po’ arrogante, eh? Lo so, però almeno ho catturato la tua attenzione di quasi mamma di un primo figlio.

Premessa con il mio punto di vista personale di mamma che ha allattato a lungo, diciotto mesi una figlia e sedici l’altra: allattare è bello, dà soddisfazione, è faticoso e stressante. Certo dipende anche da chi è l’allattato, perché mica sono fatti con lo stampino i bebè, anche se quando nascono sono tutti brutti uguale.

Premessa due: non sono una evangelizzatrice. Io ho allattato bene e a lungo ma vedo e riconosco che ci sono delle ragioni valide per decidere di non farlo, o di tentare e poi rinunciare. I bimbi vengono su bene lo stesso anche attaccati a un biberon.

Iniziamo, allora.

Bruna appena nata

Il mio primo giorno con la Bruna

Allattare adesso va molto, non c’è pagina Facebook o account Twitter dedicato alla maternità che non santifichi questo gesto, il che si traduce in un po’ di pressione sulle future madri di primogeniti: ok, devo allattare anche io.
Ok, ma sarai capace di allattare? Più di qualcuno per fortuna illustra anche i lati meno piacevoli della faccenda, ma certo a volte si fa fatica a orientarsi e a capire cosa davvero si deve fare per allattare. Mi permetto dunque di suggerire quello che bisogna proprio fare.

Non avere paura di disturbare le ostetriche quando si è ancora in ospedale con il fagottino appena nato. Probabilmente la montata arriverà una volta lasciato l’ospedale, ma nel frattempo ci si può allenare a prendere confidenza con il gesto trasferendo al pupo il prezioso colostro. Non essendo animali tutti istinto, abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica come si fa: come mettersi sedute o sdraiate, come attaccare il bambino eccetera eccetera. Dunque via, staziona al nido chiedendo a una gentile operatrice di guardarti mentre allatti, e dille cosa senti, specie se senti molto male. Un po’ di dolore è ok, il capezzolo sarà un po’ provato da quella piccola idrovora – è piccolo, sì, ma succhierà come un pazzo – ma il rischio ragadi c’è e va evitato.
Cosa è successo a me: sono stata fortunata, mi hanno insegnato bene, non ho mai avuto una ragade.

Essere armate per l’arrivo della montata. C’è la possibilità che la montata sia una specie di tsunami, e che nel giro di qualche ora quella terza scarsa si trasformi in una ottava con tanto di seno duro e dolente. Cosa ci vuole: delle gran belle docce calde per ammorbidire quel seno roccioso e un tiralatte professionale, di quelli che si affittano in farmacia e che è bene trovare già a casa quando tornerai dall’ospedale. A volte il seno è così pieno che non si riesce ad attaccare il pupo ed è cosa buona tirare un po’ di latte finché non si sente il giusto sollievo e si capisce che il bambino riesce ad attaccarsi e succhiare senza dannarsi.
Cosa ci vuole, parte seconda: una ostetrica o professionista che verifichi come sta andando l’allattamento. Se c’è una asl in cui andare per pesare il bambino e capire se si sta facendo tutto correttamente, vacci. Qualche comune mette anche a disposizione una visita o due a domicilio, gratis: prenota subito, sarà importante anche solo scambiare qualche parola con una persona fidata.
Cosa è successo a me: ho avuto una montata terrificante, e quella del secondo parto è stata anche peggio, impossibile attaccare la Bionda che per i primi quindici giorni di vita si è nutrita del mio latte, sì, ma fornito attraverso necessarissimo biberon. Anche in questo caso – siccome la prima montata l’avevo avuta in ospedale – mi era stato spiegato come fronteggiarla e non rimanerne vittima. Credimi, tra ormoni ballerini, punti che tirano, pupi affamati che piangono rinunciare è un attimo, dunque meglio essere pronti.

Essere pronti ad allattare moltissimo nel primo mese o due. Il che significa dover fornire la tetta ogni ora e mezza di giorno e di notte. Paura, eh? Ma no, si può fare e passa in fretta. Però se tieni duro e nonostante questo sei stravolta, troppo stravolta, non te la senti, ti sta costando la salute mentale, tira un grosso fiato e pensa bene alle alternative.
Cosa è successo a me: non ho avuto la fortuna di avere il mitico bimbo perfetto che già dal primo giorno dormiva otto ore di notte e di giorno voleva il latte ogni tre ore precise, dunque ho allattato ogni ora e mezzo per parecchio tempo. E qui arriva quello che mi ha permesso di farlo, ovvero mia madre. Il che mi porta al punto successivo.

Avere un aiuto in casa. Non c’è proprio alcun bisogno di sentirsi in dovere di fare la superdonna o di voler dimostrare che è tutto come prima, perché niente è come prima. Dunque se hai una mamma, una suocera, una sorella o un’amica molto disponibili (ma anche uomini in gamba, è chiaro), o puoi investire un po’ di soldi in un aiuto in casa be’, fallo, sono i soldi meglio spesi per l’inzio di una convivenza con un lattante. Mettiti comoda e lascia che lavorino gli altri, e saluta i sensi di colpa. Sei sola e senza soldi per pagare un aiuto? Pensaci bene e ancora una volta valuta l’alternativa.
Cosa è successo a me: mia mamma è stata a casa mia circa un mese, un mese e mezzo dopo la nascita della Bruna. Io allattavo, dormivo, mangiavo, guardavo la tv e portavo a spasso in passeggino la Bruna. A mia mamma devo sicuramente una gran bella fetta del mio allattamento felice.

Prepararsi a tanti mesi di risvegli notturni. Può darsi che non succeda, ma può anche darsi di sì: al tuo fagottino – anche se ormai grandicello – piace tanto il latte e te lo chiede ancora due, tre, quattro volte per notte. Ti sembra di essere la sola e che tutti attorno a te siano dotati di figli che dormono tutta la notte senza mai svegliarsi? Indaga meglio, spesso non è così. Ma comunque, chi se ne frega di cosa fanno gli altri, l’importante è quello che vuoi fare tu. Insomma, volendo dopo un po’ si può anche smettere, non è detto che cambi qualcosa ma spesso i bambini iniziano a dormire tutta la notte, o buona parte di essa, quando dicono ciao alla tetta.
Cosa è successo a me: proprio così. La Bruna e la Bionda hanno iniziato a dormire tutta la notte il giorno esatto in cui hanno smesso di attaccarsi al seno. Lo ripeto, non è una regola – la Bionda poi ha ripreso a svegliarsi una volta per notte, anche se fortunatamente si riaddormenta all’istante – ma se sei stanca morta considera l’idea di smettere di allattare.

Goditi tuo figlio. Parla con le altre mamme, con le amiche, confrontati con il pediatra o un’ostetrica di fiducia, ma poi chiediti che cosa va davvero bene per te. Perdersi i primi mesi della crescita di un bambino – i neonati sono fantastici, anche se piangono, hanno le coliche, dormono quando tu sei sveglia e si svegliano quando vuoi dormire – per affannarsi dietro al mito della buona madre che allatta è un’idiozia. Sarà bellissimo se lo farai serenamente, non lo sarà se lo subirai come una cosa imposta.

Scegli, stai serena e goditi il frugoletto: lui si merita una mamma tranquilla e contenta.

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Grandi tappe, La Bionda

Maya, non ora, ho appena smesso di allattare

Un po’ di cose che farò a Natale e poi più in là ora che la Bionda, 17 mesi domani, pare essersi messa in testa che con la tetta basta così:

– Smettere di bere caffè decaffeinato
– Bere vino, più di un bicchiere a pasto
– Bere un superalcolico, più di quel che serve a bagnarsi le labbra
– Prendere un’aspirina quando ho il raffreddore
– Non sentirmi in colpa quando mi buco con l’Imigran per farmi passare un attacco di cefalea a grappolo
– Stare a dieta drastica per perdere i chili di troppo senza pensare “e se poi mi va via il latte?”
– Comprare reggiseni bellissimi di taglia terza anziché sesta
– Riporre il cuscino Boppy che ha allattato con me prima la Bruna e poi la Bionda
– Scrivere un post ragionato sul perché allattare è bello ma anche difficile e sul fatto che se non si ha voglia di farlo va bene lo stesso, perché per una tetta non ci si deve rimettere la salute mentale.

Se vi viene in mente altro contribuite pure.

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