Grandi tappe, La Bionda

Parole e pannolini: nel frattempo, la Bionda…

Prima spannoliniamo, al ciuccio ci pensiamo un'altra volta

Prima spannoliniamo, al ciuccio ci pensiamo un’altra volta

La Bionda parla, o almeno ci prova. Abituati alle parole soppesate con cura dalla Bruna questo effluvio di tentativi di discorso ci intontisce, anche perché la Bionda per il 75% del tempo parla quello che in inglese si chiama gobbledygook, una polenta di parole che hanno senso solo per lei.
Il secondo progresso è sul fronte spannolinamento: a quasi due anni la piccola si rende conto che nel suo corpo succede qualcosa di cui può ottenere il controllo, ma siamo ancora nella fase “te lo dico quando l’ho già fatta”. Bene, tanto abbiamo tutta l’estate davanti per provare a dire addio agli odiosi pannolini: in attesa di rispolverare i pannolini lavabili è davvero gran cosa vedere la differenza che fa su un bambino passare dai pannolini che assorbono mari di pipì a quelli un po’ meno potenti grazie ai quali la Bionda si rende conto di essere zuppa e comincia a segnalare infastidita che sto pannolino s’ha da levare. Su questo tema ovviamente in famiglia si creano grandi divisioni perché io, mamma entusiasta all’idea di:

  • non avere più un fasciatoio ingombrante in camera delle bimbe
  • non dover mai più cambiare il pannolino a un derviscio volante

lascio volentieri che la Bionda si aggiri per casa nuda, non curandomi delle conseguenze immaginabili che invece gettano nel panico Papone, il quale ha un evidente problema con le deiezioni solide delle figlie e mai e poi mai si avvicinerebbe al prodotto se non dotato di un idrante con cui spazzarlo via (soluzione impraticabile tra quattro mura).
Dai Bionda, promettici che per l’estate ci avrai liberati dallo spannolinamento e sapremo ricompensarti come si deve.

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La Bruna

C come Tasa

La Bruna sta dicendo addio al linguaggio da pupetta e migrando verso un nuovo modo di esprimersi adatto ai suoi tre anni e qualcosa. Il vocabolario si gonfia a dismisura, in due mesi è probabilmente decuplicato e non c’è giorno in cui io e suo padre non ci si guardi stupiti pensando “e questa parola da dove salta fuori?”.
La pronuncia, invece, è ancora un po’ incerta, tipica espressione delle cose che la Bruna non cura e non curerà fino a quando dovrà per forza farsi capire da tutti quelli che la circondano (vedi alla voce maestre dell’asilo, che sono ben lungi dall’essere cuci-cuci con i bambini che devono far crescere). In ogni caso i miglioramenti sono stati molti: finalmente ocinene è diventato voglio scendere, il gatto Pupo si è riappropriato del suo vero nome (Lupo), e atatamio sta diventando un sempre più chiaro un altro camion (viaggiando spesso in autostrada, il gioco più appassionante del momento è individuare quanti più camion possibili).
Solo una cosa rimane lì, inscalfibile tra le parole pupesche ormai abbandonate: il pollo al posto della cacca. Battezzata così la prima volta che la Bruna ha depositato nel water anziché nel pannolino – ci credo, la vista di quella novità deve scatenare le fantasie più sfrenate – la cacca ci insegue ancora oggi sotto forma di gallinaceo. Il che mi ricorda che devo avvertire all’asilo che l’improvvisa esclamazione “Pollo!” non è un nonsense brunesco ma una precisa richiesta di andare in bagno.
E poi la C. Non c’è verso di sentirla nella sua forma dura se non come T: e quindi, C come Tasa, BianTa, Tamion. Alcuni suggeriscono un controllo del linguaggio, avendo la Bruna superato da un po’ i tre anni, ma io sono convinta che sia solo noncuranza e che tempo un paio di mesi assisteremo a un nuovo balzo in avanti dell’iperspazio linguistico. In fondo la Bruna è Bruna anche perché di certe cose proprio se ne sbatte.

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