lavori da mamma

Mamma Che Blog: la Bionda e la Bruna al Social Family Day 2013

Però solo sabato 25, ma al prossimo giro sarà una due giorni. Tempo terribile a Milano ma le partecipanti se ne sono accorte sì e no, occupate com’erano tra talk da seguire, etichette alzo tetta da leggere per capire chi fosse chi e chiacchiere e presentazioni da fare.

Era la mia prima volta e mi è piaciuto, è stata l’occasione di dare un volto e una voce a molte delle compagne di chiacchiere su Twitter – con un ringraziamento particolare a Thesunmother che ha sfidato pioggia e lavori in corso a Garibaldi pur di darmi un passaggio in macchina fino al Quanta Village – e di sentir parlare senza retorica e con argomenti interessanti del mondo mammesco che vive e prospera online: risultato non scontato e di cui si prende tutto il merito, ovviamente, il gran lavoro di FattoreMamma.

Ho apprezzato molto il talk del pomeriggio, in particolare Roberta Franceschetti di Mamamò – sito che segnala le migliori app per bambini e che ha anche una piccola sezione per i bambini “speciali” – e la sua appassionata e argomentata difesa dei nativi digitali: bambini a cui la tecnologia non ruba sogni, immaginazione e amicizie ma è un prezioso aiuto in più per sognare, immaginare, divertirsi, imparare. Bello che si sia parlato anche di Coderdojo, progetto molto interessante di avvicinamento alla programmazione che già conoscevo grazie a Francesca Panzallaria Sanzo che lo ha portato a Bologna: Barbara Alaimo, che se ne occupa a Milano, era così entusiasta dei risultati che davvero bisogna pensare a esportarlo anche altrove in Italia (Torino, anyone?): poi dovevo tornare a Torino e mi sono persa Dianora Bardi di Impara Digitale, peccato.

Consiglio finale per mamme blogger: partecipate, ne vale davvero la pena.

P.S.: causa smartphone ufficiale in riparazione e smartphone di fortuna vetusto e scarico già alle dieci di mattina non ho foto a corredo del post.

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Grandi tappe, lavori da mamma

Quello che pensi di sapere sull’allattamento e invece non sai (post per primipare)

Inizio un po’ arrogante, eh? Lo so, però almeno ho catturato la tua attenzione di quasi mamma di un primo figlio.

Premessa con il mio punto di vista personale di mamma che ha allattato a lungo, diciotto mesi una figlia e sedici l’altra: allattare è bello, dà soddisfazione, è faticoso e stressante. Certo dipende anche da chi è l’allattato, perché mica sono fatti con lo stampino i bebè, anche se quando nascono sono tutti brutti uguale.

Premessa due: non sono una evangelizzatrice. Io ho allattato bene e a lungo ma vedo e riconosco che ci sono delle ragioni valide per decidere di non farlo, o di tentare e poi rinunciare. I bimbi vengono su bene lo stesso anche attaccati a un biberon.

Iniziamo, allora.

Bruna appena nata

Il mio primo giorno con la Bruna

Allattare adesso va molto, non c’è pagina Facebook o account Twitter dedicato alla maternità che non santifichi questo gesto, il che si traduce in un po’ di pressione sulle future madri di primogeniti: ok, devo allattare anche io.
Ok, ma sarai capace di allattare? Più di qualcuno per fortuna illustra anche i lati meno piacevoli della faccenda, ma certo a volte si fa fatica a orientarsi e a capire cosa davvero si deve fare per allattare. Mi permetto dunque di suggerire quello che bisogna proprio fare.

Non avere paura di disturbare le ostetriche quando si è ancora in ospedale con il fagottino appena nato. Probabilmente la montata arriverà una volta lasciato l’ospedale, ma nel frattempo ci si può allenare a prendere confidenza con il gesto trasferendo al pupo il prezioso colostro. Non essendo animali tutti istinto, abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica come si fa: come mettersi sedute o sdraiate, come attaccare il bambino eccetera eccetera. Dunque via, staziona al nido chiedendo a una gentile operatrice di guardarti mentre allatti, e dille cosa senti, specie se senti molto male. Un po’ di dolore è ok, il capezzolo sarà un po’ provato da quella piccola idrovora – è piccolo, sì, ma succhierà come un pazzo – ma il rischio ragadi c’è e va evitato.
Cosa è successo a me: sono stata fortunata, mi hanno insegnato bene, non ho mai avuto una ragade.

Essere armate per l’arrivo della montata. C’è la possibilità che la montata sia una specie di tsunami, e che nel giro di qualche ora quella terza scarsa si trasformi in una ottava con tanto di seno duro e dolente. Cosa ci vuole: delle gran belle docce calde per ammorbidire quel seno roccioso e un tiralatte professionale, di quelli che si affittano in farmacia e che è bene trovare già a casa quando tornerai dall’ospedale. A volte il seno è così pieno che non si riesce ad attaccare il pupo ed è cosa buona tirare un po’ di latte finché non si sente il giusto sollievo e si capisce che il bambino riesce ad attaccarsi e succhiare senza dannarsi.
Cosa ci vuole, parte seconda: una ostetrica o professionista che verifichi come sta andando l’allattamento. Se c’è una asl in cui andare per pesare il bambino e capire se si sta facendo tutto correttamente, vacci. Qualche comune mette anche a disposizione una visita o due a domicilio, gratis: prenota subito, sarà importante anche solo scambiare qualche parola con una persona fidata.
Cosa è successo a me: ho avuto una montata terrificante, e quella del secondo parto è stata anche peggio, impossibile attaccare la Bionda che per i primi quindici giorni di vita si è nutrita del mio latte, sì, ma fornito attraverso necessarissimo biberon. Anche in questo caso – siccome la prima montata l’avevo avuta in ospedale – mi era stato spiegato come fronteggiarla e non rimanerne vittima. Credimi, tra ormoni ballerini, punti che tirano, pupi affamati che piangono rinunciare è un attimo, dunque meglio essere pronti.

Essere pronti ad allattare moltissimo nel primo mese o due. Il che significa dover fornire la tetta ogni ora e mezza di giorno e di notte. Paura, eh? Ma no, si può fare e passa in fretta. Però se tieni duro e nonostante questo sei stravolta, troppo stravolta, non te la senti, ti sta costando la salute mentale, tira un grosso fiato e pensa bene alle alternative.
Cosa è successo a me: non ho avuto la fortuna di avere il mitico bimbo perfetto che già dal primo giorno dormiva otto ore di notte e di giorno voleva il latte ogni tre ore precise, dunque ho allattato ogni ora e mezzo per parecchio tempo. E qui arriva quello che mi ha permesso di farlo, ovvero mia madre. Il che mi porta al punto successivo.

Avere un aiuto in casa. Non c’è proprio alcun bisogno di sentirsi in dovere di fare la superdonna o di voler dimostrare che è tutto come prima, perché niente è come prima. Dunque se hai una mamma, una suocera, una sorella o un’amica molto disponibili (ma anche uomini in gamba, è chiaro), o puoi investire un po’ di soldi in un aiuto in casa be’, fallo, sono i soldi meglio spesi per l’inzio di una convivenza con un lattante. Mettiti comoda e lascia che lavorino gli altri, e saluta i sensi di colpa. Sei sola e senza soldi per pagare un aiuto? Pensaci bene e ancora una volta valuta l’alternativa.
Cosa è successo a me: mia mamma è stata a casa mia circa un mese, un mese e mezzo dopo la nascita della Bruna. Io allattavo, dormivo, mangiavo, guardavo la tv e portavo a spasso in passeggino la Bruna. A mia mamma devo sicuramente una gran bella fetta del mio allattamento felice.

Prepararsi a tanti mesi di risvegli notturni. Può darsi che non succeda, ma può anche darsi di sì: al tuo fagottino – anche se ormai grandicello – piace tanto il latte e te lo chiede ancora due, tre, quattro volte per notte. Ti sembra di essere la sola e che tutti attorno a te siano dotati di figli che dormono tutta la notte senza mai svegliarsi? Indaga meglio, spesso non è così. Ma comunque, chi se ne frega di cosa fanno gli altri, l’importante è quello che vuoi fare tu. Insomma, volendo dopo un po’ si può anche smettere, non è detto che cambi qualcosa ma spesso i bambini iniziano a dormire tutta la notte, o buona parte di essa, quando dicono ciao alla tetta.
Cosa è successo a me: proprio così. La Bruna e la Bionda hanno iniziato a dormire tutta la notte il giorno esatto in cui hanno smesso di attaccarsi al seno. Lo ripeto, non è una regola – la Bionda poi ha ripreso a svegliarsi una volta per notte, anche se fortunatamente si riaddormenta all’istante – ma se sei stanca morta considera l’idea di smettere di allattare.

Goditi tuo figlio. Parla con le altre mamme, con le amiche, confrontati con il pediatra o un’ostetrica di fiducia, ma poi chiediti che cosa va davvero bene per te. Perdersi i primi mesi della crescita di un bambino – i neonati sono fantastici, anche se piangono, hanno le coliche, dormono quando tu sei sveglia e si svegliano quando vuoi dormire – per affannarsi dietro al mito della buona madre che allatta è un’idiozia. Sarà bellissimo se lo farai serenamente, non lo sarà se lo subirai come una cosa imposta.

Scegli, stai serena e goditi il frugoletto: lui si merita una mamma tranquilla e contenta.

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La Bruna, lavori da mamma

Favole per una Bruna (e una favola in un Tweet)

Sono una mamma tentennante quando è ora di sfoggiare le Vere Doti della Brava Mamma quali cucire, rammendare, disegnare, costruire, inventare, manipolare. Non fa per me, non ci ho il talento. Ma le favole, quella è un’altra storia: quando si tratta di leggere, rielaborare, recitare allora mi diverto, e a quanto pare si diverte pure la Bruna, in questo periodo affamata della storia della lepre e della tartaruga e di Cappuccetto Rosso.

La Bruna in lettura (asilo nido, l'anno scorso)

La Bruna in lettura (asilo nido, l’anno scorso)

Mi piacciono molto le favole, quelle degli altri perché io la fantasia di inventarne non ce l’ho. E però ieri ho visto questa cosa del Tweet da favola e ho pensato che una cosina in 140 caratteri la potevo riuscire a scrivere pure io.

La cosa in questione è il premio Andersen per fiabe inedite che quest’anno ha dato spazio anche a Twitter: la sfida è scrivere una favola in 140 caratteri e twittarla ricordando di aggiungere l’hashtag #hca13. Io l’ho già fatto:

La bambina cadde nel buco, scoprì strani mondi, lottò con i draghi, parlò con le fate, pianse, rise, gridò “aiuto!”. Poi si svegliò.

Non è escluso che in un impeto di creatività ne scriva anche altre, ma saranno sempre robe di bambine, draghi e fate, cioè quello che da piccola popolava il mio mondo fantastico. Comunque: c’è tempo fino al 2 aprile, fatevi sotto anche se come me credete di non esservi messi in fila quel giorno che distribuivano la fantasia.

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