Grandi tappe, La Bruna

Sola con il suo spettro

A volte me lo lascio sfuggire: chissà come sarebbe la Bruna senza autismo? Per fortuna David mi riporta immediatamente in carreggiata ricordandomi che è una domanda del tutto insensata. Ed è vero, perché lei è lei ed è definita anche dal suo spettro.

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Una bambina orgogliosa di sé (mi sembrava la foto più indicata)

Cosa c’è nella la mia domanda? La paura del futuro, incontenibile anche se passi le giornate a dirti e a dire agli altri che si può pensare solo giorno per giorno, con orizzonti molto brevi. Nonostante questo è inevitabile che ogni tanto le domande affiorino: sarà indipendente? Riuscirà a studiare e fino a che punto? Troverà un lavoro? Sarà in grado di vivere lontana da noi? Si innamorerà? Sarà ricambiata? Avrà degli amici che apprezzeranno la sua compagnia?

Chiudo la parentesi perché non è di questo che mi interessa ragionare. Nei gruppi dedicati alle famiglie con bambini autistici – io sono per la definizione “autistico” e non “con autismo” perché l’autismo non è un plugin che le puoi mettere e togliere, è un pezzo del puzzle che la definisce, come gli occhi marroni e la pelle scura – ogni tot ricorre la domanda: cosa faresti se domani uscisse una medicina che guarisce istantaneamente tuo figlio dall’autismo? Forse la userei subito, chi lo sa, e comunque non posso evitare di ragionarci su e parecchio, proprio perché non sono in grado di vedere la Bruna divisa dal suo spettro.

E qui ritorno a bomba: del futuro, in fondo, mi interessa che lei sia in grado di spiegare se stessa, di dare ragione del suo essere diversa senza che sia necessario per lei nascondersi per “sembrare normale” ed essere indistinguibile da tutti gli altri.

Questo futuro che la vede perfettamente mascherata da ragazza e donna neurotipica, indistinguibile all’esterno ma eternamente neuroatipica dentro, mi sembra una prospettiva insopportabile: l’autismo è una condizione immutabile e appunto, solo mascherabile e chissà con quali effetti sull’autostima e la percezione di sé nel mondo, con quale livello di stress (quanto vi costa adattarvi a un ambiente che non percepite come vostro quando siete invitati a una festa piena di persone che non hanno nulla a che vedere con voi? Pensate doverlo fare tutta la vita).

Nel mio futuro perfetto vedo una ragazzina e una donna che, speriamo, avrà espresso tutto il suo potenziale, che sarà orgogliosa di quello che sarà diventata e – la cosa che spero di più – libera dalla necessità di sembrare neurotipica. Di dire che non c’è “guarigione” ma ci sono possibilità e traguardi, miglioramenti sempre possibili, e che sono questi che contano. Solo così, sola con uno spettro che non deve nascondere, lei sarà l’adulta che può diventare.

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