La Bruna

Parlare di autismo

Ho scritto una mail alla gentilissima account-di-famosa-agenzia che mi ha scritto per coinvolgermi in un’iniziativa commerciale con côté benefico-solidale verso una fondazione piuttosto conosciuta che lavora a favore dei bambini autistici, rappresentata da un papà molto noto di ragazzo autistico anche lui molto noto.

La mia risposta è stata no ma è stata anche argomentata e riguarda soprattutto come la penso su un certo tipo di comunicazione dell’autismo che ogni tanto passa in tv o su alcuni giornali e quotidiani.

La Bruna fa i test al Centro Autismo (e noi osserviamo), la struttura pubblica che l'ha diagnosticata a tre anni e qualche mese.

La Bruna fa i test al Centro Autismo (e noi osserviamo), la struttura pubblica che l’ha diagnosticata a tre anni e qualche mese.

Quando ho preso la decisione di parlare della disabilità della Bruna ero convinta che una delle mie regole di base sarebbe stata il “purché se ne parli”: parlate di autismo come vi pare, basta che contribuiate a far circolare informazioni e consapevolezza.

Ma non è una posizione sostenibile, e me ne sono accorta presto. In ogni caso, pur avendo già deciso di dire no all’iniziativa in questione ho chiesto un confronto a un amico di Facebook, una delle persone più lucide e ferme che conosca, padre di una bambina autistica, che mi ha ulteriormente aiutata a chiarirmi le idee.

Non mi scandalizza affatto che un’azienda dai fini commerciali faccia la sua parte in un’iniziativa benefica, anzi, è quel che c’è di mezzo che mi lascia perplessa. Quando l’autismo va in tv, o sui giornali, vediamo bambini/ragazzi autistici che, se va bene, sono “geniali” o dotatissimi, se va malissimo sono “guariti” (non si guarisce: a volte si perde la diagnosi, che è cosa molto diversa). Persone capaci di comunicare il loro mondo interiore (?) anche arrivando a scrivere libri.

La Bruna va a cavallo e a ginnastica e non c’è dubbio che la cosa la entusiasmi e in qualche modo la aiuti, anche socialmente, in futuro penso che prenderemo un cane perché i cani la deliziano ma non sono le prime attività o spese che raccomanderei a una famiglia in cerca di aiuto: se oggi la Bruna parla meglio di due anni fa, capisce cosa le succede intorno ed è una bambina diversa e dal futuro un filino più luminoso sento di dover dare il merito a chi, in prima battuta nel servizio pubblico, si è davvero dedicato a lei.

Cito l’amico di Facebook, spero non ne abbia a male, perché lui ha detto con poche parole tutto quello che c’è da dire sulle iniziative più “di immagine”: «È difficile combattere l’emozione con la ragione, ma l’emozione è una cosa che ti rinforza nell’immediato ma non ti aiuta ad organizzare un futuro migliore». Perciò vado molto sul pratico: mi piacerebbe che chi ha visibilità la usasse per spiegare e perorare (e magari finanziare, perché no), gli interventi “di prima scelta” nell’autismo.

Come tante altre famiglie e realtà che vivono la disabilità, abbiamo bisogno di lavorare tutti per obiettivi comuni, soprattutto perché lo spettro autistico è così ampio che a volte è difficile persino spiegare che sì, tua figlia è autistica anche se parla, ride, “non è strana”: una burocrazia più snella, medici e figure di riferimento più formate, ore di sostegno congrue a scuola, interventi che non siano inaccessibili ai più perché totalmente privati.

 

L’amico di Facebook a cui faccio riferimento ha un blog che può essere davvero molto utile a chi sta navigando a vista nel mare dell’autismo: si chiama Autismo, mica noccioline

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