Quanto c’è bisogno di qualcuno che ascolti i genitori dei bambini disabili? Molto. La misura la danno incontri con tanta partecipazione come quello della Fondazione Paideia sullo “Stress da accudimento”, una serata di introduzione a un percorso più lungo che partirà tra qualche tempo. Ci sono stata ieri sera, in un giovedì che mi esplodeva la testa dopo una giornata di lavoro passata a Milano a capire di più di certe macchine per scriverne meglio, con la voglia di tirare dritto al casello e andare a dormire invece di infilarmi nel centro di Torino.
Invece ne è valsa la pena, intanto perché ho conosciuto Valentina che fa parte delle famiglie Fight the Stroke, che abita nella mia stessa città e sono mesi che ci diamo appuntamenti su Messenger e poi non ci vediamo mai, poi perché ho sentito un bravo psicologo, Andrea Dondi, parlare di cosa fa lo stress a chi accudisce un disabile e non molla mai, perché si deve, per scelta e fatica a delegare anche solo per una pizza solitaria fuori casa, per un paio d’ore di distrazione ogni tanto.
Dopo la presentazione ci siamo ritrovati in gruppetti scelti a caso, genitori di figli con disabilità diverse, chi con l’aria timida ed esitante, chi con lo sguardo asciutto e una capacità di guardarsi dentro che farebbe invidia a chiunque. Ci siamo raccontati le preoccupazioni maggiori (la mia è divisa in due: “non faccio abbastanza”, “che ne sarà di noi nel futuro”), e poi il metodo che ci permette di trovare un momento per stare in pace, stupido o importante che sia, basta che funzioni.
A un certo punto, chissà perché proprio nel mio gruppo – magia della casualità o forse è del tutto normale, chissà – è venuto fuori un tema comune: parlare con gli sconosciuti. La mia vicina di sedia ci ha fatto ridere descrivendo la tecnica che ha sviluppato per attaccare bottone con chiunque, dalla parrucchiera alla panettiera di passaggio, basta che non sappiano niente di lei. L’altra ragazza che era seduta accanto a me ha descritto la sua rinascita personale quando ha deciso di impegnarsi in una Onlus e dare agli altri quello che aveva imparato lei: sono andati via i dolorini, via le ansie, tutto quello che era in più oltre alla preoccupazione per un figlio disabile. Anche io parlo con gli sconosciuti, ho detto, solo che invece di farlo a voce lo scrivo: più mia figlia cresce più diventa difficile e più mi sembra necessario, e accidenti se funziona.
Stamattina ho ricevuto un commento al mio ultimo post, mi basta per sapere che proverò a scrivere ancora. Nel frattempo, linko un’altra volta a quello che dicevo l’anno scorso sull’usare le parole per essere “blu ogni giorno” e non solo il 2 di ogni aprile.
Io generalmente non parlo con gli sconosciuti, però rispondo ai post che mi coinvolgono emotivamente, anche se chi tiene un “diario pubblico”, come un blog non mi sembra molto sconosciuto :-).
Sarebbe stato bello sentire le tue strategie per trovare un momento di pace, ma io non sono fatta per le associazioni, sono molto riservata e non mi piace mettermi in gioco – mi è sempre piaciuto passare inosservata!
Sperando che vorrai condividerle in una risposta ti scrivo le mie: andare al parco con i bimbi dotati di bici, loro vanno avanti e io passeggio tranquilla (camminare è il mio modo migliore per rilassarmi); andare al mobilificio svedese (i bimbi vanno all’area bimbi e io giro per i mobili – l’arredamento è la mia passione e pur non amando i mobili low cost mi piacciono molto le ambientazioni che creano); lasciare i bambini con la baby sitter e andare con il marito a teatro/cinema (vabbè questa è molto scontata); aver trovato un coro per mio figlio alcuni sabati mattina (portarlo e andare a fare shopping); andare in pizzeria – dotata di area bimbi – con gli amici; ovviamente utilizzare i cartoni alla TV o i videogiochi; lasciare i bimbi giocare con acqua, terra, sassi, foglie ed erba (anche se bisogna controllare che non “esagerino”).
Più o meno le mie strategie somigliano alle tue: qualche uscita in due, passeggiate con il cane vicino al fiume, questo blog, la musica nelle orecchie, la tv e il libro serali. Niente di misterioso, tutto molto efficace 🙂
Peccato speravo di imparare qualche trucco in più 😉
[curioso che questo blog ti dia pace, avrei pensato che ti desse soddisfazione e più aperture e possibilità, nuovi punti di vista; per me – purtroppo – il concetto di pace per il momento è legato al pensare a qualcosa di diverso dall’autismo, forse perchè pure io come persona sono abbastanza ossessiva e ho necessità di andare con la testa altrove]
Anche per voi il cambio d’ora è pesante?
Sì, mi dà anche soddisfazione e aperture e nuovi punti di vista, tutto insieme, e poi anche pace come rimedio antistress: concentrarmi per capire di cosa voglio parlare mi rasserena, i periodi in cui non scrivo diventano una spirale di pensieri che non riescono a uscire e mi turbano anche il sonno 🙂
Il cambio d’ora è pesantissimo, sì, tutti gli anni è così.