La Bruna, Vita quotidiana

Capelli e spettri

Alle bambine e ai bambini che vivono nello spettro autistico, ho scoperto di recente, non piace per niente farsi tagliare i capelli. Ecco spiegato perché la Bruna, quelle due volte che proprio è stato necessario mettere mano alla sua testa da piccola Medusa, ha pianto e strillato fino a non poterne più: lo so, lo fanno tanti altri bambini, ma qualsiasi sia la ragione sicuramente abbiamo un bel problema*.

Il nuovo taglio di capelli della Bionda

Il nuovo taglio di capelli della Bionda

Ieri però abbiamo incontrato Giò, parrucchiera del mio paesino segnalatami dall’educatrice del nido che frequenta la Bionda, ed è stato amore a prima vista. O meglio, amore dopo che è riuscita a tagliare i capelli alla Bionda senza che questa emettesse un suono: merito di un gran sorriso, di vera voglia di interagire con un bambino, di quel teatro che Giò fa per passione e che la rende personaggio unico anche quando sta facendo il suo lavoro.

Giò non lo sa, ma la sua prossima sfida è la Bruna: ma pur non sapendo è stata la prima a dirmi di non sperare di farle tagliare i capelli subito ma di passare da lei tre, quattro, tutte le volte necessarie a far familiarizzare la Bruna con lei, con l’ambiente e con quello che succede nel suo negozio. Per farle passare l’ansia di cui potrebbe caricarsi e arrivare forse a un taglio senza troppe lacrime.

Mi conforta e sostiene nell’intento anche la fantastica Wolkerina che mi regala consigli preziosi in merito all’interazione con i bambini che vivono nello spettro autistico: a casa forse rinforzeremo la lotta contro l’ansia da parrucchiere con giochi simbolici – tutti dal parrucchiere per finta – e speriamo che basti.

 

*ok, si potrebbe anche rinunciare, ma quei capelli selvaggi reclamano un intervento professionale. Se poi non è cosa, nessuno la forzerà e se li potrà tenere fino a quando desidera.
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La Bruna, Vita quotidiana

Mamma tre volte – Come, a volte, tocca ricominciare da capo

Lo sai, o almeno lo intuisci. Lo avevamo capito da un po’, ma aspettavamo di vederlo scritto nero su bianco. Poi l’esito è arrivato, e ci siamo sentiti un po’ sollevati e un po’ persi. La Bruna sta lì, ci hanno detto, in quella zona grigia che non è autismo e non è normalità: è una bambina serena, socievole a modo suo, parla, è curiosa e simpatica, ma c’è un ma. Un ma che sta nel linguaggio in ritardo evidente, nell’impossibilità di sostenere alcune situazioni di troppo rumore, nella sua andatura bizzarra, nel non saper saltare o aprire una molletta – è un po’ goffa, insomma, e deboluccia – nel modo in cui a volte ripete quel che sente dire (si chiama ecolalia), nella sua confusione tra io/me stessa e tu/qualcun altro (si chiama inversione pronominale), nel modo difficile che ha di cercare la compagnia dei suoi pari.

Si chiama così: disturbo pervasivo dello sviluppo psicologico, ma se vi va potete anche chiamarlo autismo, perché è una delle sue tante facce. Il compito della Bruna ora è lavorare per recuperare tutto quello che può, il nostro compito è affiancarla e sostenerla come abbiamo fatto fino a ora e molto, molto di più. Con un occhio rivolto a sua sorella, che reclama le attenzioni a cui ha diritto. Il mio compito, e forse anche quello di suo papà, se vorrà, è di far capire che esistono tanti volti dell’autismo, mille sfumature tra quello che si può immaginare – una persona completamente assente – e Rain Man (caso più unico che raro, credo, anche io ne so ancora poco).

Questo mio blog vuole continuare a raccontare quanto è impegnativa e divertente la vita di mamma (di due, due femmine, due bambine), anche se ora forse sarà un filo più impegnativo farlo. Mi farà piacere se voi che ci siete stati fino a ora continuerete a leggere le avventure mirabolanti e impegnative di una bimba molto Bionda e di una molto Bruna, entrambe – cuore di mamma mi obbliga a dirlo – favolose così come sono. A presto!

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Vita quotidiana

Pubblicità odiose – Il salame cacciatore

 

La bimba dello spot del salame Cacciatore mentre si prodiga per averne una fetta.

La bimba dello spot del salame Cacciatore mentre si prodiga per averne una fetta.

Il protagonista della pubblicità odiosa del mese (lo so, è vecchia, ma io l’ho vista solo qualche giorno fa), ha due fette di salame, una per sé e una per l’amica venuta a trovarlo.
Lui è scafatissimo: porge la fettina di salame all’amichetta ma poi la tira via, e lei con gesto malizioso – si porta una ciocca di capelli dietro un orecchio – lo guarda con quello sguardo un po’ seduttore che dice dai, dammelo. Lui non resiste e porge la fetta di salame.
Chiosa che inquadra bene come stiamo messi: “L’uomo è cacciatore”.
Farebbe piangere già di per sé, ma fa anche peggio perché i protagonisti sono due bambini di circa cinque o sei anni.
Serve che aggiunga altro? No.
Però lo aggiungo lo stesso, perché questo si somma alle cucinette rosa, ai vestiti di carnevale sempre e solo da principessa in attesa di colui che la farà felice, ai giochi simbolici che sono anche belli e importanti sì, ma che palle tutto il giorno a giocare a pulire il pavimento con il minifolletto e a dargli di ferrino da stirino sui vestitini delle bamboline.
Io non voglio che le mie figlie crescano (solo) così e non voglio vedere queste pubblicità in tv: cribbio, se proprio stereotipo di genere deve essere, almeno che sia sottile e non così sfacciato. Anzi, no, facciamo proprio niente di tutto ciò.
Concludo con una delle favole in un tweet inventate dalla mia amica Arianna come incoraggiamento a tutti i pubblicitari a fare di meglio di quella roba lì:

 

Cenerentola, stanca di fare le pulizie, sposato il Principe, aprì la società di pulizie “Bidibibodibù” e visse davvero felice

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