La Bruna

C’era una volta una scimmia (la Bruna inizia a inventare)

La Bruna in lettura

La Bruna “legge” il suo libro serale

«Dai, Bruna, stasera ti racconto la favola della lepre e la tartaruga ma senza libro»
«No no. C’era una volta una scimmia che aveva una caramella…»

Un paio di mesi fa la Bruna non sarebbe stata capace di inventare nemmeno questo piccolo incipit, ma ieri sera era in forma e ha cominciato a inventare. Inventare, che bella parola. Poi c’era anche un ippopotamo che aveva qualcosa, ma io invece ero stanca e non ricordo più.

Invenzione. Gioco simbolico. Fantasia. Un po’ ci siamo, un po’ arriveremo.

Comunque la scimmia le caramelle che aveva se l’è mangiate tutte, le è venuto mal di pancia ed è andata dal dottore che le ha dato uno sciroppo buonissimo con cui ha fatto tantissima cacca e il mal di pancia è andato via. Poi la scimmia è tornata dal dottore per dirgli grazie e gli ha portato tante banane. Il dottore è stato felice e le ha detto di tornare se mai avesse avuto ancora male da qualche parte. Fine della storia.

Ed ecco come sfruttare la piccola fantasia di una Bruna per una storia che le insegni anche ad avere un po’ meno paura del pediatra.

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Grandi tappe, La Bruna

Piccole, grandi tappe: la Bruna tra biciclette, mutandine e telefonini

La Bruna e il suo adorato triciclo

La Bruna e il suo adorato triciclo

La Bruna funziona così: per un po’ nulla cambia, poi tutto esplode in un momento lasciandoti – lasciandoci – senza parole e senza fiato. Non sto a spiegare cosa vuol dire per un genitore di un bambino speciale, anche solo “leggermente speciale”, vedere con i propri occhi o sentire con le proprie orecchie un gesto nuovo, una parola mai sentita prima, un traguardo finalmente raggiunto: io, che non sono una che esprime alla grande le sue emozioni, batto le mani, rido, mi metto a saltare per la gioia ogni volta che la Bruna ce la fa e mi guarda sorridendo con tutti i suoi denti, consapevole di aver superato un nuovo ostacolo.

Qualche settimana fa, guardando la biciclettina con le rotelle fare la parte del soprammobile del nostro portico – la Bruna non ci sale perché sa di non essere capace a pedalare – mi sono detta ok, forse questa non è la partenza giusta: sono salita in macchina e al negozio di roba usata per bimbi vicino a casa ho comprato due triclini vecchi di metallo, tenuti bene e colorati, venti euro in tutto. È bastato quello: la Bruna lo ha amato a prima vista, si è messa a pedalare e ora non la smette più, fila via velocissima sfidando curve e ostacoli e pure derapando un po’ in frenata.

Dalla prima pedalata a qualche giorno fa è passato un mese, un mese e mezzo, e mi sono detta bah, proviamo: Bruna, vuoi salire sulla bicicletta e provare? Tutto mi aspettavo tranne che un sì e invece lei è scesa dal triciclo, ha inforcato la bici et voilà, dopo una spinta ha iniziato a pedalare: con un po’ di fatica, mettendo male i piedi, ma ha iniziato. Evviva: danza della felicità per mamma, sorriso tuttodenti per la Bruna.

Nel giro di qualche giorno sono arrivate anche altre novità:

– Debolina com’è, la Bruna fa uno sforzo gigante per togliersi le scarpe, quelle da ginnastica con il velcro che porta tutti i giorni per andare all’asilo. Ma ha capito: apre la fettuccia di velcro, la allenta, afferra la scarpa dal tallone e la toglie. Non sempre ci riesce, a volte si blocca su qualche tappa, si scazza dalla frustrazione ma ha capito e lo fa, o almeno ci prova e adesso spesso ci riesce.

– «Metto le mutande!». Questa è di ieri sera: la Bruna ha preso le sue mutande dalle mie mani e – da seduta – se le è infilate. Sorrisone? Più o meno, come dire oh mamma, ogni tanto mi prendi proprio per fessa, che ti pensavi?

– Parlare al telefono. Ok, parlare è un’iperbole, ma almeno siamo passati dal silenzio totale al ciao mamma/papà/nonno/nonna seguito da qualche scarna informazione su se stessa, su quello che sta facendo o da risposte sì/no a qualche domanda.

Per ora è tutto, cioè moltissimo.

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La Bruna, Vita quotidiana

Capelli e spettri

Alle bambine e ai bambini che vivono nello spettro autistico, ho scoperto di recente, non piace per niente farsi tagliare i capelli. Ecco spiegato perché la Bruna, quelle due volte che proprio è stato necessario mettere mano alla sua testa da piccola Medusa, ha pianto e strillato fino a non poterne più: lo so, lo fanno tanti altri bambini, ma qualsiasi sia la ragione sicuramente abbiamo un bel problema*.

Il nuovo taglio di capelli della Bionda

Il nuovo taglio di capelli della Bionda

Ieri però abbiamo incontrato Giò, parrucchiera del mio paesino segnalatami dall’educatrice del nido che frequenta la Bionda, ed è stato amore a prima vista. O meglio, amore dopo che è riuscita a tagliare i capelli alla Bionda senza che questa emettesse un suono: merito di un gran sorriso, di vera voglia di interagire con un bambino, di quel teatro che Giò fa per passione e che la rende personaggio unico anche quando sta facendo il suo lavoro.

Giò non lo sa, ma la sua prossima sfida è la Bruna: ma pur non sapendo è stata la prima a dirmi di non sperare di farle tagliare i capelli subito ma di passare da lei tre, quattro, tutte le volte necessarie a far familiarizzare la Bruna con lei, con l’ambiente e con quello che succede nel suo negozio. Per farle passare l’ansia di cui potrebbe caricarsi e arrivare forse a un taglio senza troppe lacrime.

Mi conforta e sostiene nell’intento anche la fantastica Wolkerina che mi regala consigli preziosi in merito all’interazione con i bambini che vivono nello spettro autistico: a casa forse rinforzeremo la lotta contro l’ansia da parrucchiere con giochi simbolici – tutti dal parrucchiere per finta – e speriamo che basti.

 

*ok, si potrebbe anche rinunciare, ma quei capelli selvaggi reclamano un intervento professionale. Se poi non è cosa, nessuno la forzerà e se li potrà tenere fino a quando desidera.
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