Alle bambine e ai bambini che vivono nello spettro autistico, ho scoperto di recente, non piace per niente farsi tagliare i capelli. Ecco spiegato perché la Bruna, quelle due volte che proprio è stato necessario mettere mano alla sua testa da piccola Medusa, ha pianto e strillato fino a non poterne più: lo so, lo fanno tanti altri bambini, ma qualsiasi sia la ragione sicuramente abbiamo un bel problema*.
Ieri però abbiamo incontrato Giò, parrucchiera del mio paesino segnalatami dall’educatrice del nido che frequenta la Bionda, ed è stato amore a prima vista. O meglio, amore dopo che è riuscita a tagliare i capelli alla Bionda senza che questa emettesse un suono: merito di un gran sorriso, di vera voglia di interagire con un bambino, di quel teatro che Giò fa per passione e che la rende personaggio unico anche quando sta facendo il suo lavoro.
Giò non lo sa, ma la sua prossima sfida è la Bruna: ma pur non sapendo è stata la prima a dirmi di non sperare di farle tagliare i capelli subito ma di passare da lei tre, quattro, tutte le volte necessarie a far familiarizzare la Bruna con lei, con l’ambiente e con quello che succede nel suo negozio. Per farle passare l’ansia di cui potrebbe caricarsi e arrivare forse a un taglio senza troppe lacrime.
Mi conforta e sostiene nell’intento anche la fantastica Wolkerina che mi regala consigli preziosi in merito all’interazione con i bambini che vivono nello spettro autistico: a casa forse rinforzeremo la lotta contro l’ansia da parrucchiere con giochi simbolici – tutti dal parrucchiere per finta – e speriamo che basti.