Domani sera me ne vado a Milano per attività poco divertenti e poco interessanti da sbrigare giovedì mattina, dunque notte fuori grazie all’ospitalità dei nostri migliori amici milanesi, dai quali piomberò a un’ora educata come mezzanotte, mezzanotte e mezza.
A casa rimangono papà, Bionda e Bruna e gli assetti di guerra sono già stati visti e rivisti: tutto normale, ognuno nel suo letto, oppure lui che dorme con tutte e due oppure una con papà e una sotto, nel lettino in camera con la nonna.
Ha vinto l’opzione ultima, il che significa che da bravi genitori debosciati che siamo abbiamo deciso di infliggere alla povera nonna i molteplici risvegli della Bionda, che dopo la mezzanotte si trasforma da brava bimba a terrore della casa, come un perfetto Gremlin. Soprattutto perché ad attenderla al varco non ci sarà Santa Tetta ma al limite Santo Biberon, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare: notte di urla e di passeggiate, di ninnenanneninneo da ripetere a sfinimento della Bruna e della nonna. Il tutto peggiorato da un periodo di intenso scazzo notturno della Bionda – residuo di gastroenterite, denti che spuntano come popcorn o che altro – che mi fa penare già ora che sono ancora a casa.
Il pensiero va ovviamente all’allattamento: è ora di smettere? E chi mi garantisce che la Bionda troverà pace se le tolgo la tetta? E se poi la svezzo e continua a svegliarsi e urlare, mi toccherà rinunciare al comodo “ti metto una tetta in bocca e stai zitta” per passare ad altri metodi non così efficaci (passeggiare di notte cullandola, che incubo)? E io, sono pronta a rinunciare all’allattamento? Al momento tutto privato che unisce me e la mia bambina, anche se sono stanca e sogno una notte (vabbè, facciamo sei ore), di sonno ininterrotto?