La Bruna, Vita quotidiana

Schiamazzi notturni

Buona notizia: la Bruna sta ricominciando a dormire tutta la notte nel suo letto.
Cattiva notizia: si sveglia e ci sveglia comunque almeno una volta per notte chiamandoci ad alta voce.
Di tante cose – semileggende – che si narrano sulle madri almeno una nel mio caso è vera, ovvero che anche quando sono nel sonno più profondo basta un mugolio di una delle due Pupe per risvegliarmi. Quando erano piccolissime la reazione era immediata mentre ora, lo ammetto, è veloce ma non istantanea. A volte invece sono nel sonno più profondo e sogno e all’improvviso, magari mentre sto conversando amabilmente con George Clooney, arriva una delle due pupe a tirarmi per la giacchetta ordinandomi di svegliarmi e, guarda caso, anche George non mi trova più così accattivante e non vede l’ora di lasciarmi andare.
Poi c’è risveglio e risveglio, perché la Bionda attacca il suo mamma-mamma-mamma-mamma a mitraglietta ma delicato, mentre la Bruna si produce in una cosa a metà tra un urlo e un pianto che ancora non abbiamo decifrato. Le ipotesi che vanno per la maggiore comunque sono:
– incubo;
– formiche a un arto (la mia preferita);
– volontà di rompere le balle ai genitori e di trasferirsi quanto prima nel loro letto.
Comunque sia, l’ideona è di comprare al più presto un letto a una piazza e mezza per la Bruna per saltare anche il passaggio del trasporto nel nostro letto a favore della dormita in compagnia direttamente in cameretta. Tanto poi dicono che a una certa età non ne vorranno più sapere di dormire con mamma e papà.

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Vita quotidiana

Un Lucio anche per voi

Una spiaggia sarda

Una spiaggia sarda

Succedeva così: ad agosto si partiva da Torino per le vacanze al mare in Sardegna (terra di mia mamma), e sull’autoradio della nostra macchina giravano ogni anno le stesse cassette, i Bee Gees della Febbre del Sabato Sera, gli Abba di The Visitors e Lucio Dalla, parecchie cose sue, e non molto altro.
Dalla ci piaceva, piaceva da morire a papà, moltissimo a mamma, molto a me e a mia sorella che a quei tempi avevamo pochi anni, tra i sei e i dieci più o meno: a me piaceva soprattutto “Com’è profondo il mare” pure se non la capivo bene, e ricordo che non osavo chiedere cosa fossero i linotipisti perché poi in fondo temevo non lo sapessero nemmeno mamma e papà. Amo Lucio Dalla e mi commuovo a sentire parecchie delle sue canzoni perché le sue canzoni stanno lì, in giorni d’estate caldissimi su macchine improbabili che foravano la coppa dell’olio sulle strade sterrate mentre papà, tra una parolaccia e l’altra, cercava di raggiungere Cala Cipolla o qualche altra spiaggia a caso. Sudavamo, litigavamo, facevamo i capricci, i miei litigavano o discutevano di cose che non ci interessavano ma poi alla fine tutti e quattro cantavamo Lucio Dalla, una qualsiasi delle sue canzoni, e io e mia sorella amavamo darci dentro quando era ora di cantare “appena ha visto la star l’ha mandata a cagare”.
Dei miei ricordi di bambina questi qua, questi ricordi con il sottofondo di Lucio Dalla sono tra i più vividi e indelebili. Per questo il giorno che Lucio Dalla è morto l’ho saputo e non sono riuscita a frenare le lacrime, ed è per questo sicuramente che anche i miei, commossi, piangevano.
Mi piacerebbe che ci fosse un Lucio anche per la Bruna e la Bionda, solo che non saprei chi (James Taylor, De Gregori?): ma forse sarebbe meglio iniziare a caricare una chiavetta usb con le sue canzoni, bruciare il cd di Peppa Pig e iniziare a cantare con loro che “ci sono anche i delinquenti, non bisogna aver paura ma stare un poco attenti”.

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Concilio dunque sono

Sono parecchio impegnata in cose lavorative e private che, oltre a tenermi occupata, mi generano pensieri e preoccupazioni e gettano qualche ombra sul mio futuro. È proprio questo momento di passaggio dal quale uscirò molto viva o parecchio provata che diventa centrale il mio ruolo di persona e madre che lavora (in Italia).

Ho fatto dei figli perché lavoro da casa grazie a una donna e datrice di lavoro molto illuminata, competente, seria. Altrimenti, da pendolare che ero (Bergamo-Milano tutti i giorni avanti e indrè), e con gli orari di tutti quelli che lavorano in un ufficio, non credo che ce l’avrei mai fatta e anzi, forse non sarei neppure arrivata a desiderarlo: l’avrei messo lì nel posto delle “cose che un giorno farò” e forse sarebbe rimasta solo una vaga ipotesi.

Sono una mamma che ha voglia e bisogno di lavorare, lavorare facendo quello che fa, occupandosi un po’ di redazione, un po’ di social media management, un po’ di tutto e senza smettere mai di studiare, di scoprire quello che il web, uno degli amori più duraturi della mia vita, può offrirmi. Non sono disposta a rinunciarci, perché il mio tempo è speso bene, diviso agevolmente tra le cure che debbo alle mie figlie – specie a una, molto impegnativa – e la cura che metto nel mio lavoro. Mica poco, sapete, datori di lavoro che ancora temete che una madre sia una zavorra, peggio che mai poi se ha passato i trenta (i quaranta non li nomino neanche).

Dunque sì, questo post è anche un appello a chi deve dare da lavorare a qualcuno e pensa che una donna mamma non ne parliamo nemmeno: non state a sentire chi è ancora aggrappato all’idea che una madre si senta – o meglio, voglia sentirsi – sempre e solo una specie di zerbino srotolato davanti ai bisogni, ai vizi e ai capricci di un figlio, sappiamo anche noi quando è possibile delegare e quando no, abbiamo imparato a gestirci uccidere i sensi di colpa, sappiamo fare più cose insieme e farle bene, ci piace vestirci, truccarci, leggere e parlare di cose che non siano sempre e solo cacca-nanna-sonno. Quello lo facciamo perché ci diverte e perché la rete è una miniera di informazioni, ma nessuna di noi vorrebbe davvero farlo da mane a sera. Se poi siete così evoluti da metterci – noi mamme, ma anche noi donne e uomini quando necessario o utile o vantaggioso – in condizioni di lavorare bene da casa be’, ne avrete in cambio buone cose.

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