Uncategorized

Farsi aiutare per tornare ad aiutare

Piccolissima all'asilo nido

Piccolissima all’asilo nido

Nel giorno più triste dell’anno so che c’è una cosa sola che è sempre una botola verso un abisso di tristezza ma che, con un certo orgoglio, oggi riesco a fare senza stare male: guardare le foto della Bruna da piccolissima, diciamo i primi due anni. Non credo di essere la sola, anzi, lo vedo fare spesso, lo leggo di frequente nei gruppi online in cui bazzicano genitori di bambini e ragazzi autistici: ci sono queste foto e la domanda, spesso un’affermazione che dice, all’incirca, cose come ecco il mio bambino piccolo nei giorni in cui l’autismo non era ancora parte del nostro mondo, allora sembrava essere tutto ok, quando è successo che tutto è cambiato dal giorno alla notte?

Per me (e solo per me, questa è la spiegazione che mi sono data io), questa domanda ne nasconde un’altra molto più dolorosa: come ho fatto a non accorgermene? E via dicendo: perché non mi sono allarmata quando vedevo che non indicava le cose? Perché ho pensato e pensato e pensato “ma sì, prima o poi parlerà” invece di dare il tormento al pediatra? Perché non mi sono accorta che le sue paure erano diverse e troppo più grandi di quelle degli altri bambini? Perché ci ha messo dei mesi a prendere il coraggio di salire sullo scivolo dell’asilo nido mentre gli altri sfrecciavano come saette?

Non è salutare per niente questo accanirsi e cercare il momento esatto, il motivo, i segnali. Ognuno può preoccuparsi o meno di andare a cercare le cause (ha senso? Non lo so), ma qui non sto parlando di questo: parlo di quella fase dolorosa – che forse è di elaborazione di questo lutto che è scoprire di avere un bambino disabile – in cui rimugini giorno e notte e in un attimo il pensiero è diventato ossessione. Non fai più niente se non pensarci, non parli di altro, ti senti un ramo secco senza più linfa e un po’ ce l’hai con chi ami e anche un po’ con questo bambino che ti ha complicato la vita per sempre.

Ho passato questa fase e mi addolora leggere e ascoltare un genitore che ci sta passando. Il mio consiglio migliore è: fatti aiutare. Non necessariamente a pagamento, ma che sia una figura qualificata. Proprio come in tanti altri momenti della vita anche questo è il momento in cui capisci che i parenti e gli amici non valgono perché sono armati delle migliori intenzioni ma, tentando di consolarti, minimizzano o dicono cose inopportune. Perché non farsi aiutare significa perdere tempo per tornare in salute, lucidi, stanchi ma combattivi, meno arrabbiati, tutto insieme la premessa migliore per tornare a occuparsi di tuo figlio disabile senza filtrarlo prima tra le maglie appiccicose dell’arrovellamento infinito.

Standard
La Bruna

Buoni propositi: cosa scriverò qui nel 2015

bruna_propositi_2015

Mi piace avere questo blog anche se lo aggiorno poco. Vorrei usarlo di più per raccontare come viviamo in compagnia di uno spettro che di anno in anno diventa sempre più di famiglia e sempre meno un intruso accampato abusivamente sotto il nostro tetto.

Il mio buon proposito è sempre quello: essere di aiuto a una famiglia alle prime armi nel mondo dell’autismo, non per consigliare interventi o per dare informazioni di servizio – su Facebook per esempio c’è chi lo fa benissimo, con più competenza di me che sono ancora una nuova arrivata – ma per raccontare che passati i primi giorni di smarrimento totale poi c’è da darsi da fare e partire e che lavorare ai fianchi l’autismo richiede lucidità mentale, salute (trattatevi bene, nei limiti del possibile, per voi e per i vostri figli), una dose importante di disincanto e di ironia.

Ma nel tempo è chiaro che altre cose si sono affollate nella mia testa e allora ecco, le scrivo qui senza ancora averci ragionato su il tempo dovuto. Mi piacerebbe, tra tante altre cose, saper dire che:

  • il QI dice qualcosa ma non tutto sull’intelligenza di un bambino come di un adulto
  • il possesso di mezzi verbali è un canale enorme per aprirsi al mondo e che invoglia il mondo ad accoglierti secondo le sue regole (c’est la vie), ma che anche un bambino che parla poco può avere tanto da dire
  • è vero che l’autismo ti cambia come genitore: devi abituarti a tempi e a uno stile di vita diverso dal tuo, con buona pace di quello che invece vorresti incastrarci a forza e che proprio non ci sta
  • gli autistici sanno essere così empatici e simpatici da commuoverti e farti ridere moltissimo
  • bisogna avere pazienza quando incontrate mia figlia e chi è come lei: che lei ha voglia di condividere e parlare e giocare e raccontare ma ha i suoi tempi e i suoi modi a volte ridicoli e a volte incomprensibili. Spesso basta aspettare solo un minuto in più per avere il via libera dentro il suo mondo
  • solo la Bruna sa cosa vuol dire essere autistica. Io sono molto arrogante e mi sono presa il ruolo di portavoce ma spero e lavoro perché un giorno lei possa dirmi che tante cose le ho sbagliate, interpretate male e che adesso basta, a parlare di se stessa ci pensa lei.
Standard
Grandi tappe, La Bruna

L’apparenza inganna (la Bruna alla festa di Natale)

La Bionda in versione natalizia alla festa di Natale dell'asilo.

La Bionda in versione natalizia alla festa di Natale dell’asilo.

Chi è venuto ieri alla festa di Natale ha visto, seduta in prima fila, la mia bimba Bionda che faceva la samba di Natale, mandava baci con la mano alla nonna e a me (papà no, perché questo è il periodo della mammitudine/nonnitudine), cantava eccitata e felice.

Sicuramente ha visto anche l’altra mia bambina Bruna seduta anche lei in prima fila, con la sua meravigliosa maestra accanto che le dava coraggio, partecipare alla festa imbronciata e forse avrà pensato “ma poverina quella bimba, com’è triste”. E invece no, proprio per niente.

Piccolo riassunto delle puntate precedenti: il primo anno di asilo abbiamo fatto fatica a entrare nella sala della festa e ce ne siamo andati prima possibile, l’anno scorso la Bruna ha guardato i suoi compagni cantare dal fondo della sala e quest’anno è stata seduta in prima fila senza scomporsi mai, nemmeno durante gli applausi che in genere la mandano in orbita. Nessuno l’ha obbligata a stare sul palco, non è il modo in cui affrontiamo gli ostacoli, lei ha scelto di starci e alla fine ha pure cantato e recitato la poesia.

Ha sofferto? Sì, sicuramente, ieri sera mi ha detto che ha sempre paura delle persone ma ha scelto di affrontare la paura e questa è la cosa che più conta: voleva farcela e a modo suo ce l’ha fatta. La Bruna non dorme mai durante il giorno e ieri si è addormentata appena ha toccato il suo seggiolino in macchina dimostrandoci con una reazione tutta fisica qual è stato il carico di stress che è riuscita a dominare. Non so se la parola resilienza sia adatta a descriverla ma è quella che si è accesa come un neon nella mia testa quando ieri sera l’ho vista dormire mentre andavamo a prendere il premio promesso. Per questo oggi in questo post c’è la foto della Bionda felice e non la sua, perché il muso triste della Bruna avrebbe raccontato una storia che non c’è stata.

Standard