Grandi tappe, La Bruna

L’apparenza inganna (la Bruna alla festa di Natale)

La Bionda in versione natalizia alla festa di Natale dell'asilo.

La Bionda in versione natalizia alla festa di Natale dell’asilo.

Chi è venuto ieri alla festa di Natale ha visto, seduta in prima fila, la mia bimba Bionda che faceva la samba di Natale, mandava baci con la mano alla nonna e a me (papà no, perché questo è il periodo della mammitudine/nonnitudine), cantava eccitata e felice.

Sicuramente ha visto anche l’altra mia bambina Bruna seduta anche lei in prima fila, con la sua meravigliosa maestra accanto che le dava coraggio, partecipare alla festa imbronciata e forse avrà pensato “ma poverina quella bimba, com’è triste”. E invece no, proprio per niente.

Piccolo riassunto delle puntate precedenti: il primo anno di asilo abbiamo fatto fatica a entrare nella sala della festa e ce ne siamo andati prima possibile, l’anno scorso la Bruna ha guardato i suoi compagni cantare dal fondo della sala e quest’anno è stata seduta in prima fila senza scomporsi mai, nemmeno durante gli applausi che in genere la mandano in orbita. Nessuno l’ha obbligata a stare sul palco, non è il modo in cui affrontiamo gli ostacoli, lei ha scelto di starci e alla fine ha pure cantato e recitato la poesia.

Ha sofferto? Sì, sicuramente, ieri sera mi ha detto che ha sempre paura delle persone ma ha scelto di affrontare la paura e questa è la cosa che più conta: voleva farcela e a modo suo ce l’ha fatta. La Bruna non dorme mai durante il giorno e ieri si è addormentata appena ha toccato il suo seggiolino in macchina dimostrandoci con una reazione tutta fisica qual è stato il carico di stress che è riuscita a dominare. Non so se la parola resilienza sia adatta a descriverla ma è quella che si è accesa come un neon nella mia testa quando ieri sera l’ho vista dormire mentre andavamo a prendere il premio promesso. Per questo oggi in questo post c’è la foto della Bionda felice e non la sua, perché il muso triste della Bruna avrebbe raccontato una storia che non c’è stata.

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Grandi tappe, La Bruna

Solo cose belle

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La mia blogger preferita in assoluto dice che quando ha ricevuto la diagnosi di sua figlia lo shock è stato tale che ha avuto bisogno di appoggiarsi al muro per non cadere. Io, quando ci hanno dato la diagnosi, ho sorriso e chiesto: “è recuperabile?”. Ho pianto per la prima volta quindici giorni dopo.

Cerco sempre di mantenere il controllo e trovo sempre qualcosa da dire. Non è il massimo perché a volte parlare per parlare significa dire cazzate di grosse dimensioni: ne sa qualcosa la mia migliore amica che ha assistito a un mio esame universitario a dir poco imbarazzante. Per fortuna è vero che i figli ci insegnano tante cose su noi stessi e per ora la Bruna mi sta insegnando che essere solo ok è accettabile e dire non lo so anche.

Pessimista non lo sono mai stata ma incontentabile sì, oltre che chiacchierona, rigida e pesantona di natura, ed è per questo che fino a poco tempo fa non mi sarebbe mai venuto in mente di elencare le cose belle fatte dalla Bruna e basta: avrei detto ok, ci sono delle cose belle ma per ogni cosa bella ce ne sono almeno cinque che non vanno. Mi sarei sentita obbligata a parlare solo di quelle cose. Invece adesso ho addomesticato l’ansia, ammaestrato l’impazienza e penso che poco alla volta tanti di quegli ostacoli li supereremo o, mal che vada, li lavoreremo ai fianchi: riconosco il valore delle cose belle per quello che sono, senza sentirmi moralmente obbligata ad appiccicarci anche qualcosa di negativo.

C’è anche dell’altro: questo è un blog che parla di mia figlia e non di autismo in generale perché “autismo in generale” è un’idea troppo astratta, forse inesistente:  come dice il mio amico di Facebook, forse usare la parola autismi avrebbe più senso per riuscire a raccontare meglio questa realtà così complessa. E siccome in questa realtà così complessa esistono famiglie e persone che vivono situazioni molto difficili a volte mi sembra indelicato condividere successi e traguardi raggiunti. D’altro canto, però, è anche un modo di raccontare che esistono bambini che rimangono autistici ma funzionano a livelli diversi e quindi, di nuovo, che la parola autismi ha senso.

Cerco, scegliendo di raccontare o di non raccontare, di restare in equilibrio tra il rischio di mostrare che sia tutto facile e che in fondo l’autismo della Bruna sia avvolto nello zucchero filato e il rischio di cadere nell’autocommiserazione o nel racconto di una vita fatta solo di giorni cupi tutti uguali. Non è mai vero in entrambi i casi.

Alla fine comunque smetto di pensare al mio sguardo su di lei e penso a lei e al gran lavoro che fa tutti i giorni cercando di produrre una parola in più, un concetto nuovo, cercando di capire il mondo che la circonda e penso che ogni tanto le devo un post in cui dico quanto è brava, caparbia, smarrita ma tenace.

Solo cose belle, dicevo all’inizio. Eccole qui.

– Meno paura: vincere l’impulso di coprirsi le orecchie e fuggire urlando. Non sempre ma spesso. Al punto di coprirsi per scherzo le orecchie facendo finta di essere spaventata e di saper dire “qui c’è troppo rumore, voglio andare via” o di accettare di starci vicina per provare a farcela (e riuscendoci spesso).

– Parlare. Giocare con le parole. Costruire piccoli dialoghi di senso compiuto. Più lei capisce quel che il mondo le chiede con le parole, più ci entra dentro e lo vive.

– Lasciarsi pulire le orecchie. In cinque anni non ci siamo mai riusciti (ci pensavano le gocce e anche quello era un lavoro per Superman), oggi ci spruzziamo dentro l’acqua dall’aggeggio apposito e riusciamo – appena appena ma passiamolo come successo – a usare i cotton fiocc. Per il 2015 puntiamo al taglio dei capelli.

– Essere curiosa: chiedere chi è, come si chiama, dove abita, cosa stanno facendo, perché fanno così, cosa sta succedendo. Un anno fa erano più le volte in cui non sembrava affatto interessata alle persone e alle cose che le giravano intorno, noi compresi.

– Capire ed eseguire richieste complesse: di nuovo, un anno fa una richiesta come “fai questo  e poi fai quello” non avrebbe dato risultati certi e la Bruna si sarebbe fermata subito dopo la prima richiesta. Oggi i livelli di complessità sono cresciuti e mostrano che lei capisce ed elabora velocemente quello che le si chiede o le si dice.

Una volta di più, questi risultati non sono arrivati da soli per cui tra le cose belle bisogna proprio aggiungere le persone che lavorano e tifano per lei: maestre, terapiste, supervisor ABA e psicologhe di riferimento. Insieme a loro speriamo di fare ancora un bel po’ di cammino.

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La Bruna

Parlare di autismo

Ho scritto una mail alla gentilissima account-di-famosa-agenzia che mi ha scritto per coinvolgermi in un’iniziativa commerciale con côté benefico-solidale verso una fondazione piuttosto conosciuta che lavora a favore dei bambini autistici, rappresentata da un papà molto noto di ragazzo autistico anche lui molto noto.

La mia risposta è stata no ma è stata anche argomentata e riguarda soprattutto come la penso su un certo tipo di comunicazione dell’autismo che ogni tanto passa in tv o su alcuni giornali e quotidiani.

La Bruna fa i test al Centro Autismo (e noi osserviamo), la struttura pubblica che l'ha diagnosticata a tre anni e qualche mese.

La Bruna fa i test al Centro Autismo (e noi osserviamo), la struttura pubblica che l’ha diagnosticata a tre anni e qualche mese.

Quando ho preso la decisione di parlare della disabilità della Bruna ero convinta che una delle mie regole di base sarebbe stata il “purché se ne parli”: parlate di autismo come vi pare, basta che contribuiate a far circolare informazioni e consapevolezza.

Ma non è una posizione sostenibile, e me ne sono accorta presto. In ogni caso, pur avendo già deciso di dire no all’iniziativa in questione ho chiesto un confronto a un amico di Facebook, una delle persone più lucide e ferme che conosca, padre di una bambina autistica, che mi ha ulteriormente aiutata a chiarirmi le idee.

Non mi scandalizza affatto che un’azienda dai fini commerciali faccia la sua parte in un’iniziativa benefica, anzi, è quel che c’è di mezzo che mi lascia perplessa. Quando l’autismo va in tv, o sui giornali, vediamo bambini/ragazzi autistici che, se va bene, sono “geniali” o dotatissimi, se va malissimo sono “guariti” (non si guarisce: a volte si perde la diagnosi, che è cosa molto diversa). Persone capaci di comunicare il loro mondo interiore (?) anche arrivando a scrivere libri.

La Bruna va a cavallo e a ginnastica e non c’è dubbio che la cosa la entusiasmi e in qualche modo la aiuti, anche socialmente, in futuro penso che prenderemo un cane perché i cani la deliziano ma non sono le prime attività o spese che raccomanderei a una famiglia in cerca di aiuto: se oggi la Bruna parla meglio di due anni fa, capisce cosa le succede intorno ed è una bambina diversa e dal futuro un filino più luminoso sento di dover dare il merito a chi, in prima battuta nel servizio pubblico, si è davvero dedicato a lei.

Cito l’amico di Facebook, spero non ne abbia a male, perché lui ha detto con poche parole tutto quello che c’è da dire sulle iniziative più “di immagine”: «È difficile combattere l’emozione con la ragione, ma l’emozione è una cosa che ti rinforza nell’immediato ma non ti aiuta ad organizzare un futuro migliore». Perciò vado molto sul pratico: mi piacerebbe che chi ha visibilità la usasse per spiegare e perorare (e magari finanziare, perché no), gli interventi “di prima scelta” nell’autismo.

Come tante altre famiglie e realtà che vivono la disabilità, abbiamo bisogno di lavorare tutti per obiettivi comuni, soprattutto perché lo spettro autistico è così ampio che a volte è difficile persino spiegare che sì, tua figlia è autistica anche se parla, ride, “non è strana”: una burocrazia più snella, medici e figure di riferimento più formate, ore di sostegno congrue a scuola, interventi che non siano inaccessibili ai più perché totalmente privati.

 

L’amico di Facebook a cui faccio riferimento ha un blog che può essere davvero molto utile a chi sta navigando a vista nel mare dell’autismo: si chiama Autismo, mica noccioline

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