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La Bruna

Un ritratto della Bruna

L’autismo è un viaggio interessante. Lo è come tutte le cose destinate a pochi o relativamente pochi perché ci entri e dopo un po’ capisci che fuori è proprio tutto diverso: nessuno sa niente di autismo, chi ne sa qualcosa si ricorda Rain Man o in genere pensa a un autistico come a una persona che non parla, non capisce, ha qualche tratto fisico che ne denuncia la condizione. Niente di male, un po’ ero così anche io prima di sentirmi dire che mia figlia è autistica.

Quindi oggi qui non voglio raccontare l’autismo ma la Bruna, la mia mini-me misteriosa e di poche parole per ribadire l’ovvio: se conosci mia figlia conosci lei, non conosci l’autismo.

La Bruna parla, ti dice come si chiama se glielo chiedi e un sacco di altre cose se sai aspettare la risposta, sa quanti anni ha (a volte no), sa come ci chiamiamo io e suo papà e sua sorella, i nonni e parecchi altri parenti e amici, sa dove viviamo e che se andiamo dai nonni prendiamo l’autostrada, cosa che le piace moltissimo ma mai come i tram o il treno. La troverai di poche parole ma anche sempre in ascolto e conoscendola capirai che le parole non dicono tutto quel che lei ha da dire.

È bella. No, giuro, lo è, ti fa venire voglia di fotografarla a tutte le ore. Se le chiedi di sorridere lo fa e posa meglio di quanto non faccia sua sorella che è sempre in movimento. A volte fa fatica a guardare l’obiettivo perché dietro ci sei tu che scatti ma se glielo chiedi si impegna e ci prova.

Sa contare fino a un bel po’ e lo sa fare da quando aveva due anni ma se le chiedi di fartelo vedere con le dita fa molta fatica perché le sue capacità motorie non sono il massimo, anche se ci sta lavorando.

Non sfidarla a Memory: perderesti. A nascondino invece devi arrenderti al fatto che non si nasconde perché ha un po’ paura di essere sorpresa.

Ama i cartoni animati, così tanto che può recitare a memoria puntate intere o un qualsiasi film di Miyazaki facendo le voci dei personaggi complete di intonazione, ma se le chiedi di raccontarti una storia probabilmente non otterrai più di tre o quattro frasi.

È affettuosa ed empatica ma se le chiedi di darti un bacio sarà lei a porgerti la guancia per non guardarti. Se è contenta di vederti ti correrà incontro per abbracciarti ma quando sarà a mezzo centimetro da te si girerà per non guardarti perché l’emozione su di lei ha sempre la meglio.

Quindi, ricapitolando: in buona misura parla, è affettuosa, capisce quello che le dici, ha un’ottima memoria. È autistica, però: ha bisogno di noi perché la sua autonomia, rispetto a un pari età, è limitata. Ha diritto alla sua autostima e a essere sostenuta per diventare quanto più autonoma la vita e tutto il suo impegno le consentiranno di essere.

Non vuole nessun poverina perché è la prima a non lamentarsi mai, la prima che quando c’è da lavorare si mette sotto e tiene duro per ore. Vuole che la guardi per quella che è, rispettandola e rispettando i suoi tempi: quello che sa insegnare è la capacità di non avere fretta e di metabolizzare il mondo, quello che le entra dentro tramite i suoi sensi acuti e diversi.

Quello che senti tu non è quello che sente lei, la tua capacità di ragionare non è la sua, il suo modo di regolarsi per stare al mondo è tutto suo, come quello unico di ognuno di noi. Ogni tanto, quando la incontri, fai uno sforzo per essere come lei visto che lei passa tutti i giorni della sua vita a provare a essere un po’ di più come noi.

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età della consapevolezza dell'autismo
La Bionda, La Bruna

L’età della consapevolezza?

Da qualche tempo quando scrivo un post su mia figlia non pubblico più sue foto e quando lo faccio pubblico su altri social, senza condividere su Facebook, oppure tengo i post riservati agli amici anche se il mio cerchio di amicizie su Facebook fa un po’ ridere i polli.

Chi mi conosce sa che non mi sono mai posta il problema della pubblicazione o non pubblicazione delle foto delle mie figlie online (no: me lo sono posta e ho deciso di pubblicare in maniera consapevole le foto delle mie bambine online, ma questo sarebbe un altro post). Solo che qui c’è l’autismo di mia figlia e negli ultimi tempi questa voglia di non condividere non è stata una decisione razionale ma presa di impulso, sulla quale non è detto che non tornerò per cambiarla ancora.

La ragione, se fossi quel tipo di mamma, starebbe dalle parti di: una mamma lo sa. Balle: vedo mia figlia crescere giorno dopo giorno e lo vedo davvero, lo noto perché anche se non ci sto pensando sto attenta a ogni particolare, a ogni “bai bia” che diventa “vai via”, a ogni articolo che si modifica e diventa più preciso (“Mamma, hai latte?” che diventa “Mamma, hai del latte?”), a ogni interazione migliorata (“Signore, posso accarezzare il suo cane?” che non finisce lì e diventa “E come si chiama?”). Io so quando le cose stanno cambiando al doppio della velocità solita e agisco di conseguenza, anche se solo da poco ho capito davvero perché pubblicare una foto della Bruna mi metta a disagio.

Io e David abbiamo notato che da qualche tempo la Bruna non partecipa più spensierata ai soliti giochi ed esercizi, che si è fatta ribelle verso i disegni e ostile quando le chiediamo di raccontarci una storia o rispondere a una domanda molto astratta per le sue facoltà di bambina autistica.

Tre risposte secche di esempio:

“Non voglio. Io non sono brava a disegnare”

“Non mi va. Io non riesco a raccontare le storie”

“No. Basta!”

Mentre genetica e casualità ci hanno regalato questa Bionda appassionata chiacchierona, sperimentatrice di parole e giudizi molto personali (“Non mangio il gelato al limone perché è un gusto estremo”), così come di tentativi di usare quello che raccoglie in giro con le sue antenne ritte (“Mamma guarda come sono forte, ho un sacco di minuscoli!”), la Bruna inizia a soffrire questa specie di competizione a cui ci è sempre sembrato non facesse caso. Quanto ci siamo sbagliati.

Credo sia iniziata l’età della sua consapevolezza e questa età, adesso, mi coglie del tutto impreparata. Non so cosa fare e non ho strategie e ne raccoglierò volentieri se qualcuno ci è già passato. Per ora, devo dire, ho iniziato a stare molto attenta a quel che dico in sua presenza, anche mentre guarda per aria e io penso che non stia ascoltando davvero.

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prima di conoscere l'autismo, il mio confirmation bias
La Bruna

Cosa mi dicevo di mia figlia quando non sapevo

Qualche tempo fa ho conosciuto Silvia di Genitoricrescono: chiacchierando con lei viene fuori che sul loro sito c’è un post sempre molto letto che parla di una diagnosi sbagliata di autismo. Non conosco le ragioni di questa affluenza – le intuisco – ma ho una certezza granitica su quanto avrebbe fatto presa su di me al tempo in cui vagavo su Google in cerca di risposte su mia figlia. Se non ho trovato quel post è perché al tempo avevo l’aggravante di non sapere nulla di autismo, altrimenti forse l’avrei incrociato.

Sono stata vittima del confirmation bias (oppure di qualche suo parente stretto): la tendenza a “cercare, interpretare, prediligere e recuperare informazioni in modo che confermino le proprie convinzioni o ipotesi, allo stesso tempo prestando meno attenzione all’informazione che le contraddice”, come dice Wikipedia.

Ero proprio io. Alla ricerca di un segnale, di più segnali che mi confermassero che mia figlia fosse solo un po’ in ritardo, più indietro, speciale, originale, tutta fatta a modo suo – un tipo, insomma – cadevo di continuo nella ricerca di rassicurazioni.

Esempi? Ne bastano quattro:

  • Cerco su Google “bambina cammina a 18 mesi”: ah, perfetto, guarda quante bambine hanno iniziato a camminare tardi, saran mica tutti prodigi in grado di stare eretti a nove mesi. Esistono i bambini pigri e mia figlia è una di loro!
  • Cerco su Google “bambina di due anni e mezzo non parla” e guarda qui quanti bambini si sono addormentati di sera sapendo due parole e la mattina dopo zac, grandi oratori. Succederà anche alla Bruna una notte di queste.
  • Cerco su Google “bambina che non gioca con gli altri bambini” et voilà quanti bambini sono chiusi, introversi, preferiscono stare sulle loro. Si vede che mia figlia non va d’accordo con nessuno o magari si annoia, chi lo sa.
  • Cerco su Google “bambina che ha paura di tutto” e certo, i bambini non sono tutti spavaldi, alcuni hanno paura delle cose più strane. Proprio come mia figlia e questa sua fissa delle candeline di compleanno.

Il problema era tutto mio: evitavo di fare la somma di tutti gli indizi, questi e altri. E se anche la somma non fa una diagnosi fai-da-te, forse può almeno suggerire di andarne a parlare con qualcuno. Gli elementi singoli e le singole rassicurazioni autoprodotte cercando online portano fuori strada e non fanno che confermare quello che hai bisogno di dirti e di sentirti dire, cioè che tuo figlio è come tutti gli altri.

I risultati di questo vagare leniscono per un po’ il magone e intanto fanno perdere tempo, fanno esitare, ti lasciano senza parole quando devi contenere in pubblico un sovraccarico sensoriale e gli sguardi degli altri stanno dicendo “accidenti quanto è viziatella questa bambina”. Peggio ancora: strana. E tu lì, senza pensieri e parole per dare ragione di questa differenza. Se ci penso oggi non riesco a quantificare il sollievo di non vivere più dentro quella bolla.

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