Lo sai, o almeno lo intuisci. Lo avevamo capito da un po’, ma aspettavamo di vederlo scritto nero su bianco. Poi l’esito è arrivato, e ci siamo sentiti un po’ sollevati e un po’ persi. La Bruna sta lì, ci hanno detto, in quella zona grigia che non è autismo e non è normalità: è una bambina serena, socievole a modo suo, parla, è curiosa e simpatica, ma c’è un ma. Un ma che sta nel linguaggio in ritardo evidente, nell’impossibilità di sostenere alcune situazioni di troppo rumore, nella sua andatura bizzarra, nel non saper saltare o aprire una molletta – è un po’ goffa, insomma, e deboluccia – nel modo in cui a volte ripete quel che sente dire (si chiama ecolalia), nella sua confusione tra io/me stessa e tu/qualcun altro (si chiama inversione pronominale), nel modo difficile che ha di cercare la compagnia dei suoi pari.
Si chiama così: disturbo pervasivo dello sviluppo psicologico, ma se vi va potete anche chiamarlo autismo, perché è una delle sue tante facce. Il compito della Bruna ora è lavorare per recuperare tutto quello che può, il nostro compito è affiancarla e sostenerla come abbiamo fatto fino a ora e molto, molto di più. Con un occhio rivolto a sua sorella, che reclama le attenzioni a cui ha diritto. Il mio compito, e forse anche quello di suo papà, se vorrà, è di far capire che esistono tanti volti dell’autismo, mille sfumature tra quello che si può immaginare – una persona completamente assente – e Rain Man (caso più unico che raro, credo, anche io ne so ancora poco).
Questo mio blog vuole continuare a raccontare quanto è impegnativa e divertente la vita di mamma (di due, due femmine, due bambine), anche se ora forse sarà un filo più impegnativo farlo. Mi farà piacere se voi che ci siete stati fino a ora continuerete a leggere le avventure mirabolanti e impegnative di una bimba molto Bionda e di una molto Bruna, entrambe – cuore di mamma mi obbliga a dirlo – favolose così come sono. A presto!