Grandi tappe, lavori da mamma, Vita quotidiana

Guarda l’autismo in faccia

Da dove iniziare? Googlare "sintomi autismo" è una buona idea. Anche se non è detto che debbano esserci tutti.

Da dove iniziare? Googlare “sintomi autismo” è una buona idea. Anche se non è detto che debbano esserci tutti.

Nella giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo il mio pensiero e questo post vanno a quelle mamme e quei papà che oggi sono quella che ero io circa un anno e mezzo fa.

Inconsapevole. Impreparata. Spaventata. Travolta da uno tsunami.

Non voglio parlare di istinto materno o paterno perché non so che cosa sia esattamente, però ci sono dei segnali che vanno oltre la razionalità – oltre quella barriera che ti protegge e non ti fa guardare bene oltre se stessa – che ti ripetono che tuo figlio o tua figlia sono diversi, non sono uguali agli altri e quel che nasce da questi segnali non è motivo immediato di orgoglio ma solo di costante apprensione, un pensiero fisso impossibile da cacciare.

Quando la Bruna era molto piccola seguivo il suo avvicinarsi tardivo a certe tappe fondamentali – indicare con il dito, seguire il nostro sguardo, camminare, parlare e molto altro – con un punto interrogativo nella mente e la ricerca costante di quelle che io chiamo “conferme al contrario”: invece di capire se c’era da allarmarsi andavo a cercare testimonianze di genitori che mi garantivano che anche il loro pupo non aveva detto una parola fino ai tre anni, poi un giorno si era svegliato e parlava come un treno. Cose di questo genere, sono certa che sai di cosa sto parlando.

Ci credete? Ci credi? La risposta è: ci vuoi credere, con tutta l’anima e tutte le forze, perché l’altra cosa, l’evidenza di qualcosa che non va, ad affrontarla ci vuole una forza che non hai. Però te lo garantisco: prima o poi la forza la trovi senza sapere nemmeno come.

Purtroppo quando si tratta di un primo figlio è tutto molto complicato: se la Bionda fosse stata la mia prima figlia e la Bruna la seconda, a nemmeno due anni il pediatra mi avrebbe vista campeggiare nel suo studio fino a dovermi dare retta per sfinimento. Ma la Bruna era la mia prima figlia, e io di bambini fino a quel momento non sapevo nulla, ma nulla nulla. È andata così.

Purtroppo il pediatra o i medici a volte non aiutano, non per malafede o incompetenza ma perché esporsi quando un bambino è molto piccolo è oggettivamente difficile, ma nessuno chiede a un pediatra di pronunciare la parola “autismo” o “disturbo pervasivo dello sviluppo psicologico”. A loro si chiederebbe di osservare e decidere che magari una visita in più si può fare, al massimo tutto a posto e si sono spesi due soldi e qualche ora.

Ma da quel consulto invece ci si può ricavare un anno in più di terapie, magari entrare all’asilo con già un insegnante di sostegno (sarà possibile?), e un anno a questa età fa tutta la differenza del mondo: noi lo abbiamo buttato al vento e questo rimarrà per me motivo di eterno rimpianto. E naturalmente è per questo che spero che questo blog aiuti qualcuno ad alzare la testa e ad avere la consapevolezza e il coraggio di dire: abbiamo un problema.

Cosa succederà? Più o meno questo: ti dirai che tu sei forte e per tuo figlio andrai avanti come un caterpillar ed è tutto vero. Però ci sarà un momento in cui la verità ti atterrerà e ti sembrerà di non sapere più nemmeno in che mondo vivi, ma ti giuro: dura poco. È orrendo, perché questo sì che è vero: quando si tratta di tuo figlio fa malissimo. Ma siccome si tratta di tuo figlio poi arriverà la volontà di fare tutto quel che serve per il suo meglio, e piano piano ritroverai la via.

Coraggio, alza la testa, guarda tuo figlio, guarda tua figlia e fatti un dicorso breve ma efficace: è ora di fare qualcosa. La consapevolezza è il primo passo per combattere la paura.

 

Immagine presa (di fretta, quindi rubata, me ne scuso), da http://www.domuslaetitiae.org/news.cfm?ID_news=210

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Grandi tappe, La Bruna

Il mio regalo di compleanno

Perdonate, il video è veramente fatto male ma è stato fatto sull’onda del “cattura il momento” e da me in stato di eccitazione/confusione/emozione al primo giro di giostra della Bruna in quattro anni di vita.

Dicevo poco fa a una persona conosciuta su Facebook che mentre attorno tutti cercano di mettere in luce le qualità che distinguono i propri figli dagli altri – giusto e legittimo – tutto quello che io (e penso molti altri genitori di bambini nello spettro autistico) vorrei solo vederle fare è esattamente quello che fanno gli altri. Mi accontento anche del modello “pecora nel branco”.

Ieri ho compiuto 41 anni, e siccome coltivo una parte assai frivola e amante di borse e scarpe ho deciso che pure avendo un budget risicato a dir poco mi sarei regalata una borsa nuova. E un orologio, che sono tanto 2.0 ma ho proprio bisogno di aver un oggetto al polso che mi dica che ora è. Quindi giovedì sera siamo usciti e abbiamo comprato i regali. Al centro commerciale è arrivato già il Natale con tutte le sue luci, addobbi e in questo caso anche una bella giostra di quelle che sembrano quelle di una volta.

Di solito la Bruna fa così; curiosa come una scimmia, e paurosa come sempre, gira intorno alla giostra dominata dalla voglia di salirci e dalla paura del movimento, di una cosa che non ha mai provato. E poi non ci sale mai: io e David compriamo il biglietto e sconsolati lo riportiamo in cassa dicendo “abbia pazienza, la bimba ha deciso di non salire”.

Ma questa volta no, ce l’abbiamo fatta: ho convinto la Bionda a salire con me e la Bruna non ha resistito, è salita in braccio a me anche lei e abbiamo fatto il primo giro.

Alla fine le ho detto allora, fai un altro giro? Stavolta viene papà, ma non ti prende in braccio, sta solo vicino a te. Ok, ha detto lei. Così è stato. Il terzo giro lo ha fatto ancora con David e poi via da sola, sulla macchinina, sul cavallo, nella tazza o quel che è.

Il finale? La più neurotipica delle reazioni: il capriccio per fare ancora uno, due, tre, mille giri. Il nostro commento? Il più scontato: forse si stava meglio quando aveva paura (almeno economicamente).

Inutile specificare quale regalo dei tre – orologio, borsa, Bruna sulla giostra – mi abbia fatta più felice.

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Grandi tappe, La Bruna

Legge 104. Racconto serio (e un po’ no) della visita medico legale della Bruna.

Non so se tutte le visite medico legali siano così, ma questo post è per chi non ci è ancora passato e si stia chiedendo cosa lo aspetti. In breve: una visita, chiamiamola così, di circa dieci minuti molto scarsi davanti a un plotone di sei o sette medici o appartenenti ad altre categorie professionali afferenti al settore medico (sicuramente c’era l’assistente sociale).

La Bruna

La Bruna

La legge 104 darà qualche agevolazione alla Bruna e a noi e dunque era importante che la Bruna rientrasse nei parametri per l’assegnazione dell’invalidità, ma certo mi aspettavo che tutto il processo fosse un filo più macchinoso.

La lettera dell’INPS

I dubbi sono iniziati quando è arrivata la convocazione dell’INPS e nella lettera era ben specificato che la commissione voleva gli originali di tutte le relazioni che attestano il problema della Bruna, più una copia. Cosa che io e David – due cittadini che quando arriva una busta da mittente INPS si fanno piccoli piccoli e diligentissimi – abbiamo fatto se pur con qualche dubbio: se dobbiamo consegnare gli originali, ci dicevamo, a noi cosa rimarrà in mano per dimostrare cosa ha la Bruna?

E il CAF che dice?

Così, prima di andare alla visita ho fatto un salto al CAF per sentire che ne pensavano e ho trovato una signora gentile ma evidentemente rotta a ogni possibile esperienza con l’istituto di previdenza, la quale mi ha abbaiato che “mai e poi mai e poi mai bisogna dare gli originali a quelli là”. Bau. Mancava poco che mi mordesse per interposta persona.

I risultati della visita

Alla fine, tanto rumore per nulla: alla visita vogliono un documento d’identità del minore e una copia della relazione più importante che descrive che cosa c’è in ballo. Poi un tentativo di far parlare la Bruna, che ovviamente non ha detto nulla se non il nome di sua sorella (a bassa voce, molto bassa). Un modulo da compilare per dichiarare quali terapie sta facendo e via, grazie e arrivederci. Dunque, voi in attesa di visita, prendete le lettere INPS seriamente ma con un approccio più laico del nostro.

Più sul personale: fa un po’ impressione vedere scritto nero su bianco che tua figlia ha un handicap, ma allo stesso tempo dà un senso di completezza, non saprei come altro descriverlo. Non fosse altro per la possibilità, che so, di andare in piscina e spiegare che vorrei farle fare un corso ma che le prime volte ci dovrei essere anche io (o suo papà), per vedere come reagisce: perché, che ci crediate o no, è difficile portare in giro questa bimba che sembra non avere niente e invece all’improvviso ha tutto. Dunque, benvenuta 104.

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