Succedeva così: ad agosto si partiva da Torino per le vacanze al mare in Sardegna (terra di mia mamma), e sull’autoradio della nostra macchina giravano ogni anno le stesse cassette, i Bee Gees della Febbre del Sabato Sera, gli Abba di The Visitors e Lucio Dalla, parecchie cose sue, e non molto altro.
Dalla ci piaceva, piaceva da morire a papà, moltissimo a mamma, molto a me e a mia sorella che a quei tempi avevamo pochi anni, tra i sei e i dieci più o meno: a me piaceva soprattutto “Com’è profondo il mare” pure se non la capivo bene, e ricordo che non osavo chiedere cosa fossero i linotipisti perché poi in fondo temevo non lo sapessero nemmeno mamma e papà. Amo Lucio Dalla e mi commuovo a sentire parecchie delle sue canzoni perché le sue canzoni stanno lì, in giorni d’estate caldissimi su macchine improbabili che foravano la coppa dell’olio sulle strade sterrate mentre papà, tra una parolaccia e l’altra, cercava di raggiungere Cala Cipolla o qualche altra spiaggia a caso. Sudavamo, litigavamo, facevamo i capricci, i miei litigavano o discutevano di cose che non ci interessavano ma poi alla fine tutti e quattro cantavamo Lucio Dalla, una qualsiasi delle sue canzoni, e io e mia sorella amavamo darci dentro quando era ora di cantare “appena ha visto la star l’ha mandata a cagare”.
Dei miei ricordi di bambina questi qua, questi ricordi con il sottofondo di Lucio Dalla sono tra i più vividi e indelebili. Per questo il giorno che Lucio Dalla è morto l’ho saputo e non sono riuscita a frenare le lacrime, ed è per questo sicuramente che anche i miei, commossi, piangevano.
Mi piacerebbe che ci fosse un Lucio anche per la Bruna e la Bionda, solo che non saprei chi (James Taylor, De Gregori?): ma forse sarebbe meglio iniziare a caricare una chiavetta usb con le sue canzoni, bruciare il cd di Peppa Pig e iniziare a cantare con loro che “ci sono anche i delinquenti, non bisogna aver paura ma stare un poco attenti”.