C’è una parola che fa miracoli con mia figlia ed è: bravissima. È una ricompensa e uno stimolo legato a una mamma e a un papà (o una nonna, o una terapista, o una brava insegnante di sostegno o una maestra), che riconoscono i tuoi traguardi e l’importanza che hanno per te. E in fondo non è una cosa che funziona anche con noi adulti?
Alla Bruna non servono promesse di premi e rinforzi particolari per motivarla a fare qualcosa, quasi sempre le basta un “sei stata bravissima”. Oppure le si propone un patto: tu assaggi il purè – una roba che le fa proprio schifo – e se non ti piace hai diritto di non mangiarlo mai più, ma non dire no a priori.
Lei ascolta, lei sa, lei capisce, tre affermazioni che con un autistico acquisiscono un rilievo tutto particolare.
Insomma, niente premi ma lodi sì, e poi certo bisognerà arrivare a quel punto in cui le cose verranno fatte anche senza rinforzo ma per ora va benissimo così. Anche perché per il momento sia io sia David ci godiamo il momento in cui la Bruna ci salta in braccio sorridente e soddisfatta e consapevole di avercela fatta.
A meno di un mese dai cinque anni ora possiamo annoverare tra le conquiste consolidate l’indipendenza quasi totale nella gestione dei suoi bisogni personali (in parole povere, è indipendente quando va in bagno in entrambi i casi), nell’indossare le scarpe (con il velcro), in qualche caso nel vestirsi. Abbiamo portato a casa anche il lavaggio dei denti e un paio di giorni fa la Bruna ha deciso che con una spugna poteva anche lavarsi la faccia da sola: risultato dubbio ma lode per l’impegno.
Come sempre, il merito va diviso con chi l’ha aiutata ad arrivarci e mai saranno sprecate le parole di apprezzamento per chi la sta aiutando a progredire passo dopo passo, a parlare meglio sfiorando quasi una conversazione, a muoversi nel mondo con meno goffaggine, a interagire con il prossimo senza bloccarsi senza rimedio: e tutto questo, o almeno un buon 80 per cento, con quello che ci passa il servizio pubblico.