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Il secondo asilo nido della Bionda

Siamo arrivati al momento tanto temuto: l’inserimento al nido della Bionda. Lei è una veterana del nido, ci va da quando ha tre mesi – nessuna scelta alternativa per me e per il mio lavoro – dunque i timori sono tutti miei.

La Bionda al nido di Martinengo

La Bionda in azione al nido di Martinengo

In pratica, parto prevenuta: nel mio cuore nessun asilo nido potrebbe mai battere quello comunale di Martinengo, la nostra ex residenza bergamasca. Niente giocattoloni di plastica, niente seggioloni per mangiare e lettini con le sbarre per dormire, che invece sono comparsi all’improvviso nel nuovo asilo lasciandomi un po’ perplessa. Soprattutto, qua non ci sono Roberta, Monia, Veronica, Eloriana, Laura, Tiziana, Paola, Sara e Giuliana, che hanno accolto, cresciuto e curato la Bruna prima, la Bionda poi, con delicatezza e professionalità (non si affida una bimba di tre mesi a un nido se non si ha la certezza di metterla in mani più che ottime).
Dunque questi primi giorni sono stati una fonte di continuo magone per me, mentre la Bionda ha mostrato la sua scorza semidura adattandosi ben prima di me (i pianti non li conto, fa così con tutti le prime volte che si tenta di prenderla in braccio: dice “no, no, noooo” e per chiarire il concetto a volte mena pure). Il primo giorno si è fiondata su ogni gioco possibile, poi ha iniziato a guardarsi intorno, poi ha pensato che il nido era accogliente abbastanza da ospitare il suo sonnellino mattutino e oggi buono abbastanza da soddisfare la sua fame. L’ultimo step, venerdì, sarà la nanna post pranzo e poi via con la routine giornaliera dell’uscita pomeridiana, a un’ora ancora da stabilire in base alle esigenze di madre e padre (e della Bruna).
Dunque, per il momento l’asilo nido ci piace e le ragazze meritano fiducia. Può essere il momento giusto per smettere di magonare e iniziare a panicare per il prossimo inserimento, quello della Bruna alla scuola materna dell’infanzia.

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To Bergamo with love

Sono stata adottata. Otto anni fa, da un luogo nel quale mai avrei immaginato di poter vivere e che mai avrei immaginato di poter amare, la bergamasca. Dal 2004 al 2012 Martinengo e dintorni sono stati la mia casa, la nostra casa. Soli (con i genitori di David a una ventina di minuti d’auto), in un comune scelto praticamente a caso, abbiamo iniziato la nostra vita da profughi milanesi che non ce la facevano più a pagare l’affitto per un appartamento medio a zanzaratown, Assago.

La Bruna a passeggio per Bergamo

La Bruna a passeggio per Bergamo

E qui, oggi, volevo ricordare, elencare alcune delle cose che conosco e che amo della bergamasca. Nessuna pretesa di esaustività, solo quel che mi piace, il che molto spesso coincide con l’indicazione di cose da mangiare.

La salita verso la Val Seriana: una serie di curve che si arrampicano su, su per una valle stretta e verde, bella e fresca d’estate e bianca di neve d’inverno.

Non bisogna farsi mancare un passaggio a San Pellegrino – anche veloce, anche solo in auto – soprattutto per vedere la versione bergamasca dell’Overlook Hotel, il grand hotel dall’aspetto inquietante che chissà quante ne potrebbe raccontare e che ora dovrebbe diventare un nuovo, elegantissimo hotel a non so più quante stelle.

Proseguendo, via su verso Branzi, per un pasto a base di polenta taragna – la polenta a calorie non quantificabili con dentro sciolto il formaggio Branzi – da gustare all’Hotel Corona, il cui ristorante dalle poche pretese estetiche e davvero molto poco caro sa offrire il meglio della selvaggina locale, da mischiare allegramente con la taragna. Un piatto su tutti: il cervo con le castagne.

Bergamo bassa e Bergamo alta. Bergamo è un incubo dal punto di vista parcheggi – pochi e tutti a pagamento nella zona centrale – ma poi ripaga con le sue bellezze.

E quindi via per il sentierone per poi infilarsi nelle vie piccole e belle fino a Piazza Pontida, dove alla faccia di tutta la lega di questo mondo si può andare a mangiare nell’affollatissimo Sultan, il “kebabbaro” palestinese: sedersi all’ora di pranzo non è facile, ma se si anticipa il pasto di un’oretta e mezza si potrà spaziare tra kebab e hummos, involtini di vario tipo e cuscus, tutti buoni e delicati.

Verso l’inizio di ottobre c’è poi l’appuntamento annuale con i Mercatanti, mercato composto da bancarelle provenienti da diversi stati europei che offrono i loro prodotti tipici. In sostanza, una scusa per mangiare un gyros accompagnato da un bratwurst, una paella di pesce con contorno di piadina di Cesenatico e via discorrendo.

Il pergolato del Circolino

Il pergolato del Circolino

Bergamo alta è bellissima, punto. Abbandonata la macchina sotto, meglio salire in funicolare o – solo per veri stambecchini – a piedi lungo la mulattiera. E poi bon, camminare per il centro, ammirarne la bellezza, toccare le palle del Colleoni eccetera eccetera. Salire in Città Alta quando giù nella bassa si soffoca di caldo è gioia allo stato puro, soprattutto se ci si ferma a bere qualcosa o a mangiare al Circolino, cooperativa (stile Arci, per intenderci) che offre piatti onesti a prezzi onesti, il posto che io in Città Alta non cambierei con nessun altro. Consumare una lanterna – una caraffa da litro con vino biano o birra mischiato con gassosa e con dentro un bicchiere di Martini rosso – seduti sotto il magnifico pergolato è, come dire, cosa vuoi di più dalla vita?

Tornando giù, per i patiti di shopping, si può passare dall’Orio Center: allucinante, caotico, dispersivo, solo per feticisti di centri commerciali o genitori di bambini che vogliono vedere gli aerei decollare dall’aeroporto che sta proprio lì davanti, scavalcata l’autostrada. Tip consumistico per signore in necessità di intimo: proprio dietro Orio c’è la fabbrica della Lovable con tanto di spaccio. Si può entrare lasciando il documento alla guardia e poi tirare fuori la carta di credito per comprare reggiseni e quanto altro a prezzi più che ottimi. Inutile dire che nel mio cassetto la percentuale di reggiseni Lovable è alta assai.

Tornando a percorsi meno commerciali, dalle nostre parti si può dare un’occhiata al Castello di Malpaga percorrendo la stradina interna che da Seriate corre verso Ghisalba e poi fare un giretto veloce per i centri storici di Romano di Lombardia o Cologno al Serio, tanto per vedere come i bergamaschi trattino parecchioo bene i loro borghi.

La filanda di Martinengo

La filanda di Martinengo

Venite anche nella piccola Martinengo, che ne vale la pena: vedrete le oche che girano indisturbate lungo il vallo che circonda il paese, i portici vecchi, la bella chiesa, potrete mangiare un dolcetto sublime alla pasticceria Gamba e poi fare un giro attorno alla Filanda, dove Olmi girò un pezzetto del suo “Albero degli zoccoli”, l’edifico che per otto anni ho ammirato affacciandomi dalla finestra di casa, ahimè ancora chiuso dopo il restauro e aperto solo nelle giornate FAI.

Ricordo di aver letto, anni fa, un piccolo post o racconto – non ricordo più di chi, forse di Matteo Bordone – che raccontava di aver dovuto passare una notte a Romano di Lombardia e che il posto gli era sembrato anonimo a volerne parlare bene. Vero è che la bergamasca bassa con la nebbia è parecchio inquietante, specie se non ci si è nati, ma la nebbia ormai non c’è quasi più. E comunque, se come la me stessa pre-bergamasca avete un’idea di una provincia un po’ anonima, provate invece a darle una chance. Preferibilmente quando c’è il sole.

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Vita quotidiana

Di traslochi e di molto altro

Premessa: questo post l’avevo scritto più o meno una settimana fa, poi non ho avuto tempo di pubblicarlo. Lo faccio oggi, dal balcone della mia nuova casa piemontese. Siamo arrivati, alla fine.

 

Sabato 4 agosto si trasloca. Chiudiamo casa dopo otto anni e ce ne andiamo, lasciandoci dietro buona parte dei mobili per la coppia che verrà in affitto. Non mi dispiace molto andarmene, non ho mai considerato definitiva questa casa ma le sono affezionata, per i soliti motivi di tutti: l’aver vissuto gioie e dolori, averla personalizzata, migliorata, un po’ scassata, averci fatto dei figli e aver tirato tardissimo con i migliori amici, e molto altro.
Tutto bene quindi, tranne l’insulsa preoccupazione che ho per alcuni dettagli un po’ così, in particolare:

– “Veniamo a prendere le misure per arredare la sala”. La sala? Quale sala? Ma che parola è? Non lo so, ma nella mia mente vedo questo: un megaschermo, qualche mensola piena di foto di coppia al mare a Sharm, a sciare, i divani buoni, ninnoli d’argento. E niente libri. Mi viene una fitta alla bocca dello stomaco.

– Il frigorifero: lo sapranno usare? Sapranno settare il display con i gradi giusti?

– I rubinetti del bagno. Non vivrò più se dimenticherò di lasciargli scritto che devono svitarli, ogni tanto, e fare uscire le pietruzze sennò il calcare se li porta via. Ho gli incubi in cui tutta la rubinetteria (io amo e proteggo i miei preziosi Ideal Standard), salta per aria, la casa si allaga e viene giù tutto il condominio.

(questo è il mio diavoletto ossessivo-compulsivo che parla)Si preoccuperanno mai di asciugare il vetro della doccia con uno straccetto di microfibra ogni volta che faranno la doccia? Tutti gli esseri umani dovrebbero farlo, perché le macchie di calcare sul vetro non si possono vedere.

E infine, il pensiero miserabile che si fa strada sempre più insistente nella mia mente: portarmi a casa la cornetta della doccia, pagata con un rene sano, unico elemento di pregio del bagno, e rifilargli una simpatica cornettina tutta colorata di Leroy Merlin. Be’, niente, non l’ho fatto.

Meno male che è quasi ora di andare via, almeno tornerò a pensare a cose normali, per esempio a cosa mangiare a pranzo e a cena e dove portare le Pupe a svagarsi nei giorni più caldi di agosto.

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