La Bruna

Mamma, ti scherzo

Un sorriso Furby della Bruna

Volevo intitolare il post “l’inizio della fine” o anche “siamo fregati”, ma ho deciso di prenderla alla leggera.
Mi ha proprio colta impreparata. La Bruna, fino a oggi, ha mostrato scarsi – nulli, direi – segni di capacità di ironizzare su qualcosa. Il massimo era camminare a fianco a me per un po’ per poi farsi prendere in braccio e quindi, una volta presa su, girare con le sue mani la mia faccia verso la sua, sorridermi maliziosa e dirmi “Furbyyyy” (tradotto: anche questa volta ti ho fregata, non hai saputo dirmi di no e mi hai presa in braccio), il soprannome che le do ogni volta che, appunto, fa la furba per fregarmi.
Stamattina, la sorpresa. Eravamo in macchina verso l’asilo, e:

(Bruna): “Mammmaaa”
(Io): “Cosa?”
(Bruna): “Non mi piace l’asilo” (ancora un po’ oppipiaceasilo tutto attaccato, il linguaggio pupesco non si dà ancora per vinto)
(Io): “Ma che dici, Bruna, che storia è?”
(Bruna): “Non è veeeero” (noeeevveeoo)

Il tutto condito da un sorriso Furby ormai 2.0
Sarà una cosa estemporanea? Cosa devo aspettarmi? Sono fregata?

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Tempo di mamma, tempo di me

Ieri la Bruna ha iniziato il tempo pieno alla scuola materna. C’è voluto un po’, è stato utile aspettare e fare solo mezza giornata – ma ditemi un po’, e le mamme che lavorano tutto il giorno in ufficio e non hanno nonni disponibii come devono fare? – ma eccoci, Bruna e Bionda se ne vanno alle otto di mattino e ci rivediamo a pomeriggio inoltrato, un saluto veloce quando tornano e poi di nuovo lavoro.

La Bruna in azione all’asilo nido, l’anno scorso.

Sensi di colpa? Io no, grazie. Anzi. Penso che il tempo in comunità faccia bene alle mie bimbe, le stimoli, ponga loro delle sfide che a casa tutto il tempo io non sarei in grado di offrire. Io poi non sono una mamma e una donna creativa, di quelle che hanno sempre mille idee per le testa, che amano manipolare, disegnare, inventare storie eccetera: ce la faccio un pochino, poi mi fermo. Lo faccio comunque perché poi mi diverto anche io, ma tutto il giorno mi diventa difficile. E sono convinta comunque di essere una brava mamma, di quelle normali che fa quel che può e che riesce, che si preoccupa spesso per le proprie bimbe ma non perché le lascia sole all’asilo per buona parte della giornata.
Insomma, amo il mio tempo da sola, in tranquillità, il tempo per lavorare, leggere qualcosa, parlare con mio marito di qualcosa che non siano le bimbe, vedere un po’ di tv. Perché il resto della giornata non è mio, è il mio tempo con loro, e la notte non è mia, è una quasi veglia costante per accudire la Bionda che mi vuole tenere stretta e vuole tanto latte – sì, ok, sarà anche perché vuole recuperare il tempo del nido, ma sarà anche perché lei è fatta così – e per tenere la mano alla Bruna quelle notti che si sveglia e vuole me lì, accanto al suo letto.
Insomma, un po’ a me e un po’ a loro, e va proprio bene così.

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Mai più buoni propositi

Mai più, perché alla fine ci si sente solo molto ridicole. Mai fatto il gioco del “io non sarò così”/”mio figlio non sarà così” prima di diventare madri? Be’, io sì, molte volte, e oggi faccio parte del gruppo di madri riprovevoli che una volta amavo sbeffeggiare. In particolare:

– Scene madri in supermercati e negozi. Mi dicevo ma come fa quella là a non riuscire a imporsi manco un po’ con un bambino piccolo. Basta mettere le cose in chiaro: o ti comporti bene o a far la spesa non ci vieni più. Come no: quando la Bionda e la Bruna – che per fortuna in genere amano e osservano rapite la magia del carrello che si riempie – danno di matto divento proprio quella madre sfinita e semiurlante. Quanto al non ti porto più a fare la spesa, non è mai diventata una punizione ma subito un modo di starmene in pace da sola per almeno mezz’ora.

– Collegata alla scena madre in pubblica piazza è l’improvvisa esplosione di fame di una delle due, o delle due insieme. Oh, quelle madri che osavano aprire una confezione di roba da mangiare prima di averla pagata, che orrore, che maleducazione. Oggi apro come viene viene qualsiasi cosa possa fare da tappabuchi temporaneo fino a quando il pasto non sarà servito, senza alcun imbarazzo (che nel papà invece perdura).

– McDonald’s? Ma va. Ci andranno quando saranno maggiorenni, in grado di decidere. Ma la Bruna ama il McToast e la Bionda il pollo grigliato della Caesar’s Salad e allora una volta ogni tanto ci facciamo tutti un pasto insano sotto l’arco dorato del vero impero del male.

La Bionda e il suo prezioso ciuccio.

– Ciuccio. Ma figurati, la Bruna non l’ha mai voluto e questo dimostra che se ne può fare a meno, basta essere decise, irremovibili. Sarà per questa ostentata sicurezza granitica che gli alieni, i Maya o chissà chi mi ha punita con una dose di ipercoliche 24/7 iniziate al quindicesimo giorno di vita e finite dopo i tre mesi. Durante i quali il ciuccio è diventato l’ancora di salvezza, la porta verso qualche ora di sonno, il modo di non avere la Bionda sempre, sempre, sempre attaccata a una tetta notte e giorno. Ormai abbiamo digerito la novità, ma al varco mi aspetta il giorno in cui dovrò toglierlo, sul quale non oso più dire né pensare “mica come quei bambini che a tre anni e passa son ancora lì con sto ciuccio”.

Per questo oggi i miei sguardi verso le altre madri in difficoltà sono pieni di compassione. Mai più buoni propositi.

Ah, P.S.: non ne sono orgogliosa, vorrei essere una mamma tutta di un pezzo, ipersalutista e molto altro, qui mi limito a constatare come era immaginare di essere madre e come è esserlo davvero nella vita di tutti i giorni.

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