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L’iPad gigante non funziona

La Bruna in azione con l’adorato aggeggio della Mela Morsicata

Hai voglia a spiegare, hai voglia a fare vedere. La Bruna, che sull’iPad ormai si spiccia meglio della proprietaria dell’aggeggio (la nonna), non se ne fa una ragione. Com’è che questo coso bellissimo – l’iPad – fa quello che gli dico io, anzi, che quel che tocco reagisce e mi mostra giochi, canzoni, colori e musiche, e quel coso là che troneggia in sala, sul quale potrei spalmare non un ditino ma tutte le mie piccole mani, non combina niente?
Ecco, vorrei che ci fosse almeno una buona ragione per dover pulire tutti i giorni un televisore, altrimenti inguardabile, dalle orme delle mani della Bruna e pure di quelle della Bionda, che non può esimersi dall’imitare la sorella.
La fissa della Bruna sono le scritte scorrevoli, ma in particolare quella banda arancione che il giovedì sera indica quanto dura la pubblicità di XFactor. Lei proprio non riesce a farsi una ragione che non succeda niente:
“Bruna, torna sul divano”
Bruna swoosh swoosh swoosh sull’angolo a destra in basso del televisore, torna sul divano e dopo due secondi è di nuovo lì.
“Bruna, torna sul divano”
Bruna swoosh swoosh swoosh sull’angolo a destra in basso del televisore, torna sul divano e dopo due secondi è di nuovo lì. (Ripetere ad lib per quante volte riesce a farlo durante un break pubblicitario. Per fortuna di solito è già bella addormentata dopo uno soltanto).

L’espressione perplessa della Bruna davanti all’iPad gigante che non funziona mi dice istantaneamente che siamo davanti a un oggetto già di gran lunga obsoleto, che io sono proprio un po’ vecchiotta perché ne sento ancora il bisogno, nonostante film, serie tv e quanto altro ormai fruiti davanti al pc o al tablet, e che probabilmente la Bionda proverà a toccare e a far funzionare come un iPad anche i giornali di carta e i volantini pubblicitari. Il mondo va proprio troppo lento per il cervello curioso dei piccoli nativi digitali.

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La mamma giusta, quanti anni ha?

Un giorno mi sono svegliata e ho detto a David: “Facciamo un bambino?” e da quel giorno non sono mai più stata la stessa.
Il bambino, se così lo vogliamo chiamare, è arrivato subito e subito se ne è andato. Riprovate, ci disse il ginecologo, capita. Ok, riproviamo. Arriva di nuovo, e di nuovo in fretta se ne va. Due volte: due volte test di gravidanza, due volte felicità, due volte cuore piccolino che batte, due volte sangue, due volte raschiamento, due volte confusione, dolore, desiderio interrotto.
Solo chi ha desiderato un figlio e non è riuscito ad averlo sa cos’è quel desiderio di maternità lì, quello che si insinua in ogni piega del corpo, in ogni cellula del cervello, in ogni pensiero: “Voglio un bambino, voglio un bambino, voglio un bambino”. È successo a me che non avevo un problema grave e l’ho risolto con una piccola operazione, a me che poi i bambini li ho avuti, a me che anche oggi, nonostante due bambine, sento ancora lo stomaco aggrovigliarsi ogni volta che mi imbatto in una donna che sta avendo difficoltà a rimanere incinta, e non mi ci metto nemmeno a tentare di immaginare il dolore di chi viaggia sul sentiero dell’infertilità e poi si sente anche dire “ma dai, adotta e non ci pensare più”, come se questo passaggio fosse la cosa pià semplice del mondo da fare.
Se una cosa ho imparato dal mio percorso, e da quel pensiero-desiderio che non va mai via, è che non giudicherò mai più nessuno. Nessuno. Posso anche pensare che Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi siano troppo vecchi per procreare, ma non lo direi mai. In realtà poi non lo penso davvero, perché quel che penso davvero è che la risposta migliore sia: dipende.
Dipende: io a 50 anni un figlio non lo farò sicuro, perché mi preoccuperei per il suo futuro – alle nostre bimbe potremo lasciare poco oltre a loro stesse come sorelle, sperando che si vogliano bene e si sostengano quando noi non saremo più – ma immagino che Russo e Turchi abbiano la possibilità di amare e provvedere anche per quando non ci saranno più, e chi lo sa poi cosa penserà questo figlio, magari sarà grato di avere avuto una madre e un padre carichi di amore anche se di breve durata.
Perciò in bocca al lupo, Carmen e Enzo, e bravi per aver detto che il pupino è figlio di PMA e non di ginnastica orizzontale ripetuta all’infinito. Il dono di Dio, quello vabbè, ognuno la vede come vuole.

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Grandi tappe, La Bruna, Vita quotidiana

La prima non bronchite della Bruna

Non è proprio la prima volta, ma la disinvoltura con cui la Bruna questa settimana non ha preso la bronchite mi dice che, forse, i suoi benedetti anticorpi hanno iniziato a lavorare come si deve.
Oggi dunque festeggiamo la prima non bronchite della Bruna, evviva evviva. A quasi tre anni e mezzo io e suo padre possiamo farci passare il terrore che ci assale al primo starnuto e che fino a ieri significava raffreddore, poi tosse, poi bronchite e quindi febbre, aerosol – ormai un pezzo di arredamento – e, ca va sans dire, antibiotico.

La Bruna al primo anno di asilo nido: molto divertimento e però anche molte malattie

Il primo e secondo anno di nido sono stati un disastro in piena regola tra otiti e bronchiti – ai dottori del Bassini di Cinisello va il mio eterno grazie per aver cacciato le otiti ricorrenti della Bruna – e il terzo prometteva già bene, ma mai come questa volta: raffreddore, tre giorni di naso colante e poi niente, no tosse (quella tosse che chiamava l’antibiotico e che ormai avrei riconosciuto tra mille altre), no febbre, nada, nicht.

Oggi la Bruna è andata all’asilo fresca come una rosa.

Ci sarebbe quasi da andare a prendere una torta.

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