Domande e cose che preferirei non sentirmi dire quando spiego che la Bruna è nello spettro autistico ce ne sono, purtroppo. Io non sono arrabbiata con il mondo: capisco molto bene quella sensazione di imbarazzo che fa nascere parole sempre inadeguate per questo tipo di rivelazioni ma, siccome credo che prevenire sia meglio di curare, ecco una piccola guida per affrontare con disinvoltura minima una conversazione con me e probabilmente con qualche altra madre di bimbo autistico.
Io e la Bruna
1 – Sono stati i vaccini?
Io non ci credo e non mi dilungo oltre, siccome la cosa è strettamente personale – al di là delle evidenze scientifiche ognuno sceglie in cosa credere e in cosa non credere – con me è meglio evitare di addentrarsi nella discussione (perché non c’è nulla di cui discutere).
2 – I bambini speciali sono dati a genitori speciali.
E tutta la parafrasi del genere, da “Dio vi ha scelti per una ragione” al pessimo “meno male – nel male – che è capitato a voi”. Grazie della stima ma no grazie: non sortisce effetto consolatorio ma ti fa sentire uno sfigato anche peggio di quello che sei, e non è un bel sentire. Oltretutto noi non ci sentiamo particolarmente dotati di armi intellettuali o economiche o di altro tipo che ci rendano più adatti a gestire questa cosa. Siamo una famiglia normale che avrebbe desiderato una vita più semplice per noi stessi e per le nostre figlie.
3 – Non sembra proprio.
E lo so, e in fondo è quella che mi dà meno fastidio. Solo che, come sopra, ti fa sentire peggio. Meglio invece se accompagnata da “ma come ve ne siete accorti?” o richieste di piccoli chiarimenti su cosa sia l’autismo, che ha uno spettro che va da Rain Man a funzionamenti molto bassi. Ricordare sempre: ogni bambino autistico è a sé.
4 – Guarirà?
Sì e no (nel senso che si può chiedere ma anche no): nessuno pretende che il mondo sappia cosa sia l’autismo ma comunque no, non si guarisce, il cervello sarà sempre quello e la visione del mondo sempre speciale.
Ma insomma, non mi si può dire niente? Lo ribadisco, può capitare, e in realtà sono più le volte in cui ci vengono dimostrare comprensione e attenzione rispetto a quelle in cui appaiono queste domande. E poi io non mordo, al limite alzo scortesemente gli occhi al cielo.
È facile capire come sia più rincuorante sentirsi chiedere “E tu come stai? Te la cavi? Come l’hai presa?” rispetto a “Sei stata scelta come mamma della Bruna perché sei speciale”. È uguale a tutte quelle volte in cui, quando sei neomamma, tutti ti danno consigli che non vuoi perché vuoi fare di testa tua, uguale alla sensazione di sentirsi dire “mettilo giù che si vizia” quando l’unica cosa che vuoi è tenere sempre in braccio il fagottino che ti è appena uscito dal corpo. Ecco, esattamente così.