Un giorno mi sono svegliata e ho detto a David: “Facciamo un bambino?” e da quel giorno non sono mai più stata la stessa.
Il bambino, se così lo vogliamo chiamare, è arrivato subito e subito se ne è andato. Riprovate, ci disse il ginecologo, capita. Ok, riproviamo. Arriva di nuovo, e di nuovo in fretta se ne va. Due volte: due volte test di gravidanza, due volte felicità, due volte cuore piccolino che batte, due volte sangue, due volte raschiamento, due volte confusione, dolore, desiderio interrotto.
Solo chi ha desiderato un figlio e non è riuscito ad averlo sa cos’è quel desiderio di maternità lì, quello che si insinua in ogni piega del corpo, in ogni cellula del cervello, in ogni pensiero: “Voglio un bambino, voglio un bambino, voglio un bambino”. È successo a me che non avevo un problema grave e l’ho risolto con una piccola operazione, a me che poi i bambini li ho avuti, a me che anche oggi, nonostante due bambine, sento ancora lo stomaco aggrovigliarsi ogni volta che mi imbatto in una donna che sta avendo difficoltà a rimanere incinta, e non mi ci metto nemmeno a tentare di immaginare il dolore di chi viaggia sul sentiero dell’infertilità e poi si sente anche dire “ma dai, adotta e non ci pensare più”, come se questo passaggio fosse la cosa pià semplice del mondo da fare.
Se una cosa ho imparato dal mio percorso, e da quel pensiero-desiderio che non va mai via, è che non giudicherò mai più nessuno. Nessuno. Posso anche pensare che Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi siano troppo vecchi per procreare, ma non lo direi mai. In realtà poi non lo penso davvero, perché quel che penso davvero è che la risposta migliore sia: dipende.
Dipende: io a 50 anni un figlio non lo farò sicuro, perché mi preoccuperei per il suo futuro – alle nostre bimbe potremo lasciare poco oltre a loro stesse come sorelle, sperando che si vogliano bene e si sostengano quando noi non saremo più – ma immagino che Russo e Turchi abbiano la possibilità di amare e provvedere anche per quando non ci saranno più, e chi lo sa poi cosa penserà questo figlio, magari sarà grato di avere avuto una madre e un padre carichi di amore anche se di breve durata.
Perciò in bocca al lupo, Carmen e Enzo, e bravi per aver detto che il pupino è figlio di PMA e non di ginnastica orizzontale ripetuta all’infinito. Il dono di Dio, quello vabbè, ognuno la vede come vuole.
Ciao, mi sono imbattuta nel tuo blog, e trac! subito un post che “sento mio”. Stesse brutte esperienze, un anno e mezzo paranoico e poi la mia piccina, che ora ha più di un anno e mi comunica lucidamente che ho fatto benissimo a vivere quei giorni bui. Non c’era Lei. E anch’io che, in confronto ad altre, non ho avuto chissà quali problemi gravi, empatizzo con tutte le donne che, desiderando un figlio, non ce l’hanno (ancora) fatta. Ci sto proprio male, è qualcosa che ti resta dentro, e forse ti aiuta anche a sopportare meglio i momenti duri di quando un figlio ce l’hai.
Sì, penso proprio che chiunque ci sia passata abbia le stesse reazioni, anche se la gravidanza si è interrotta presto la botta è terribile.
So cosa si prova a vedere il proprio desiderio, le proprie aspettative, i propri progetti rompersi in frantumi davanti ai tuoi occhi.
Ogni cosa poi cambia: cambia il modo di vivere la gravidanza, cambiano le priorità, cambiano i modi di affrontare i “rischi”.
Ti capisco e ti abbraccio, ora hai 2 meraviglie, ma in fondo il dolore, anche se sempre più piccolo, resta.
Per quello in non giudico, ma dico: che coraggio e anche che fortuna!
Sì, un sottofondo di preoccupazione costante ha accompagnato entrambe le due gravidanze, nonostante la consapevolezza di aver rimosso l’ostacolo principale. Grazie per essere passata.
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very beautiful , my best compliments !