Da qualche tempo quando scrivo un post su mia figlia non pubblico più sue foto e quando lo faccio pubblico su altri social, senza condividere su Facebook, oppure tengo i post riservati agli amici anche se il mio cerchio di amicizie su Facebook fa un po’ ridere i polli.
Chi mi conosce sa che non mi sono mai posta il problema della pubblicazione o non pubblicazione delle foto delle mie figlie online (no: me lo sono posta e ho deciso di pubblicare in maniera consapevole le foto delle mie bambine online, ma questo sarebbe un altro post). Solo che qui c’è l’autismo di mia figlia e negli ultimi tempi questa voglia di non condividere non è stata una decisione razionale ma presa di impulso, sulla quale non è detto che non tornerò per cambiarla ancora.
La ragione, se fossi quel tipo di mamma, starebbe dalle parti di: una mamma lo sa. Balle: vedo mia figlia crescere giorno dopo giorno e lo vedo davvero, lo noto perché anche se non ci sto pensando sto attenta a ogni particolare, a ogni “bai bia” che diventa “vai via”, a ogni articolo che si modifica e diventa più preciso (“Mamma, hai latte?” che diventa “Mamma, hai del latte?”), a ogni interazione migliorata (“Signore, posso accarezzare il suo cane?” che non finisce lì e diventa “E come si chiama?”). Io so quando le cose stanno cambiando al doppio della velocità solita e agisco di conseguenza, anche se solo da poco ho capito davvero perché pubblicare una foto della Bruna mi metta a disagio.
Io e David abbiamo notato che da qualche tempo la Bruna non partecipa più spensierata ai soliti giochi ed esercizi, che si è fatta ribelle verso i disegni e ostile quando le chiediamo di raccontarci una storia o rispondere a una domanda molto astratta per le sue facoltà di bambina autistica.
Tre risposte secche di esempio:
“Non voglio. Io non sono brava a disegnare”
“Non mi va. Io non riesco a raccontare le storie”
“No. Basta!”
Mentre genetica e casualità ci hanno regalato questa Bionda appassionata chiacchierona, sperimentatrice di parole e giudizi molto personali (“Non mangio il gelato al limone perché è un gusto estremo”), così come di tentativi di usare quello che raccoglie in giro con le sue antenne ritte (“Mamma guarda come sono forte, ho un sacco di minuscoli!”), la Bruna inizia a soffrire questa specie di competizione a cui ci è sempre sembrato non facesse caso. Quanto ci siamo sbagliati.
Credo sia iniziata l’età della sua consapevolezza e questa età, adesso, mi coglie del tutto impreparata. Non so cosa fare e non ho strategie e ne raccoglierò volentieri se qualcuno ci è già passato. Per ora, devo dire, ho iniziato a stare molto attenta a quel che dico in sua presenza, anche mentre guarda per aria e io penso che non stia ascoltando davvero.
Cara Daniela, ogni momento della nostra vita autistica si contraddistingue per connotati talmente definiti da sembrare talvolta duri e privi di sentimento. Poi però ti volti, li guardi e vedi i suoi progressi come fossero miracoli, le sue regressioni come inquietanti guerre aperte.
Adesso tu ti stai ponendo il quesito di come gestire la sua consapevolezza ma in fondo in fondo so che in cuor tuo comunque ti rendi conto la sua non consapevolezza avrebbe significato ben altri problemi vostri ma anzitutto suoi.
E allora godiamocela questa loro capacità. Non passa giorno senza che io non dica a Michy quanto è pazzerello, quanto mi piacciono certe sue stranezze e quanto faccio fatica a comprenderne altre. Magari sbaglio ….magari….magari…l’autismo è fatto di tanti magari. Io ho scelto di buttarmi d’istinto, lo stesso che non mi ha fatto sbagliare quando la npi mi diceva che era solo una piccola chiusura e quel che vedo è che da quando faccio così l’autismo è sempre di casa ma non è più uno spaventoso fantasma.
Mah, Michela, parliamo di consapevolezza emergente, vediamo poi dove andiamo a parare. L’importante credo sia preservare la sua autostima e fare in modo che quel che le è possibile fare arrivi a farlo, senza necessità di diventare indistinguibile da un neurotipico. Sarebbe una grande vittoria.
Intanto evviva per la bruna – io lo sapevo leggendolo tra le righe che era un alto funzionamento – anche se tu dici di no.
Fai bene a studiare le parole, perchè se è solo un po’ come mio figlio, in realtà sente tutto e quando meno te lo aspetti ti fa una domanda che te lo ricorda.
Purtroppo secondo me il problema dell’alto funzionamento è proprio quello dell’autostima bassa con conseguente depressione e dell’evitamento di quello in cui non ci si sente all’altezza.
Io cerco sempre di fargli notare che ognuno è diverso ed è più bravo in alcune cose e meno nelle altre, ma che comunque l’allenamento è tutto; c’è una favola di Rodari sulla volpe e l’uva nella quale la volpe salta un giorno e non raggiunge l’uva, salta un altro e non raggiunge l’uva, dopo aver saltato un po’ la raggiunge. Poi puoi ricordargli tutto quello che ha imparato a fare e che non sapeva fare e di come è stata brava.
Però è giusto che pensi che un domani potrebbe leggere i post che scrivi e inoltre tutte e due dobbiamo anche prepararci a quando sarà il momento di affrontare l’argomento autismo con loro, perchè non possiamo trovarci nella situazione che glielo dica in malo modo qualcun’altro.
Francesca io dico di no e a ragion veduta ma non mi sembra questo il contesto in cui definire il funzionamento di mia figlia. Però certo, lei ascolta e percepisce più di quanto io immagini e sorvegliare le parole mi sembra comunque un gesto di rispetto nei suoi confronti. Come dicevo a Michela, spero di essere in grado di infonderle autostima così come lo vorrei fare con la mia bimba piccola. Non so quando e come potremo arrivare a una discussione sul suo autismo, certo al momento mi sembra proprio uno scoglio di quelli enormi (per me eh). Ma sì, tocca pensarci.