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Mai più buoni propositi

Mai più, perché alla fine ci si sente solo molto ridicole. Mai fatto il gioco del “io non sarò così”/”mio figlio non sarà così” prima di diventare madri? Be’, io sì, molte volte, e oggi faccio parte del gruppo di madri riprovevoli che una volta amavo sbeffeggiare. In particolare:

– Scene madri in supermercati e negozi. Mi dicevo ma come fa quella là a non riuscire a imporsi manco un po’ con un bambino piccolo. Basta mettere le cose in chiaro: o ti comporti bene o a far la spesa non ci vieni più. Come no: quando la Bionda e la Bruna – che per fortuna in genere amano e osservano rapite la magia del carrello che si riempie – danno di matto divento proprio quella madre sfinita e semiurlante. Quanto al non ti porto più a fare la spesa, non è mai diventata una punizione ma subito un modo di starmene in pace da sola per almeno mezz’ora.

– Collegata alla scena madre in pubblica piazza è l’improvvisa esplosione di fame di una delle due, o delle due insieme. Oh, quelle madri che osavano aprire una confezione di roba da mangiare prima di averla pagata, che orrore, che maleducazione. Oggi apro come viene viene qualsiasi cosa possa fare da tappabuchi temporaneo fino a quando il pasto non sarà servito, senza alcun imbarazzo (che nel papà invece perdura).

– McDonald’s? Ma va. Ci andranno quando saranno maggiorenni, in grado di decidere. Ma la Bruna ama il McToast e la Bionda il pollo grigliato della Caesar’s Salad e allora una volta ogni tanto ci facciamo tutti un pasto insano sotto l’arco dorato del vero impero del male.

La Bionda e il suo prezioso ciuccio.

– Ciuccio. Ma figurati, la Bruna non l’ha mai voluto e questo dimostra che se ne può fare a meno, basta essere decise, irremovibili. Sarà per questa ostentata sicurezza granitica che gli alieni, i Maya o chissà chi mi ha punita con una dose di ipercoliche 24/7 iniziate al quindicesimo giorno di vita e finite dopo i tre mesi. Durante i quali il ciuccio è diventato l’ancora di salvezza, la porta verso qualche ora di sonno, il modo di non avere la Bionda sempre, sempre, sempre attaccata a una tetta notte e giorno. Ormai abbiamo digerito la novità, ma al varco mi aspetta il giorno in cui dovrò toglierlo, sul quale non oso più dire né pensare “mica come quei bambini che a tre anni e passa son ancora lì con sto ciuccio”.

Per questo oggi i miei sguardi verso le altre madri in difficoltà sono pieni di compassione. Mai più buoni propositi.

Ah, P.S.: non ne sono orgogliosa, vorrei essere una mamma tutta di un pezzo, ipersalutista e molto altro, qui mi limito a constatare come era immaginare di essere madre e come è esserlo davvero nella vita di tutti i giorni.

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All’asilo si sta bene e si imparan cose nuove

La scuola materna dell’infanzia è arrivata, e con lei un carico di sorprese e – non si finisce mai di imparare – anche parole nuove. Con la Bruna ci siamo addentrate in un mondo a noi del tutto sconosciuto, parecchio diverso dalla realtà ovattata dell’asilo nido, e abbiamo imparato che tutto va imparato più in fretta, che i ritmi sono più frenetici e le maestre più sbrigative (e ai miei occhi delle eroine per sapere badare da sole a 26 mini-energumeni di 3-4-5 anni).
Mentre la Bruna digerisce ogni giorno di più la sua nuova casa, io digerisco la realtà della scuola materna, una di quelle cose che finché non le vivi quasi non ci credi, e cioè la fatica di mandare avanti una scuola statale dovendosi appoggiare alle famiglie, alle quali si chiede di tutto di più, dai fazzoletti per il naso alla colla stick fino al portalistini. Porta che? Ecco la parola nuova, ancora semisconosciuta perché non ho ancora visto di che diamine si tratti. Per fortuna, almeno, non portano il grembiule. E i buoni pasto? Quattroeuroesettanta al giorno, grazie (ma è una benedizione pagare solo questo dopo essere passati dalla gogna della retta del nido).
E siccome scendo un po’ dalla montagna del sapone, apprendo così a caso che all’asilo si fa pure religione. In attesa di capire se tocca pure ai treenni o solo ai più grandi, mi domando che fare: la escludiamo o le diamo l’opportunità di sentire un po’ che cosa avrà da raccontare la maestra? Vorrei riporre una piccola speranza in un modo di fare religione che sia un insegnamento di comprensione e accettazione delle differenze, di educazione alla gentilezza e alla generosità, di valorizzazione di diversi punti di vista – credo si possa fare anche con i più piccoli, proponendo un percorso adeguato – ma ho paura che si cada invece nell’indottrinamento duro e puro, senza via di mezzo. Sfruttare le conversazioni mammesche agli orari di entrata e di uscita mi sembra l’unico modo valido di capire e decidere che fare.

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Il secondo asilo nido della Bionda

Siamo arrivati al momento tanto temuto: l’inserimento al nido della Bionda. Lei è una veterana del nido, ci va da quando ha tre mesi – nessuna scelta alternativa per me e per il mio lavoro – dunque i timori sono tutti miei.

La Bionda al nido di Martinengo

La Bionda in azione al nido di Martinengo

In pratica, parto prevenuta: nel mio cuore nessun asilo nido potrebbe mai battere quello comunale di Martinengo, la nostra ex residenza bergamasca. Niente giocattoloni di plastica, niente seggioloni per mangiare e lettini con le sbarre per dormire, che invece sono comparsi all’improvviso nel nuovo asilo lasciandomi un po’ perplessa. Soprattutto, qua non ci sono Roberta, Monia, Veronica, Eloriana, Laura, Tiziana, Paola, Sara e Giuliana, che hanno accolto, cresciuto e curato la Bruna prima, la Bionda poi, con delicatezza e professionalità (non si affida una bimba di tre mesi a un nido se non si ha la certezza di metterla in mani più che ottime).
Dunque questi primi giorni sono stati una fonte di continuo magone per me, mentre la Bionda ha mostrato la sua scorza semidura adattandosi ben prima di me (i pianti non li conto, fa così con tutti le prime volte che si tenta di prenderla in braccio: dice “no, no, noooo” e per chiarire il concetto a volte mena pure). Il primo giorno si è fiondata su ogni gioco possibile, poi ha iniziato a guardarsi intorno, poi ha pensato che il nido era accogliente abbastanza da ospitare il suo sonnellino mattutino e oggi buono abbastanza da soddisfare la sua fame. L’ultimo step, venerdì, sarà la nanna post pranzo e poi via con la routine giornaliera dell’uscita pomeridiana, a un’ora ancora da stabilire in base alle esigenze di madre e padre (e della Bruna).
Dunque, per il momento l’asilo nido ci piace e le ragazze meritano fiducia. Può essere il momento giusto per smettere di magonare e iniziare a panicare per il prossimo inserimento, quello della Bruna alla scuola materna dell’infanzia.

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