autismo e sostegno alla scuola elementare
Grandi tappe

Prima elementare, scuola e sostegno

Due mesi quasi che non scrivo. Il 24 agosto siamo tornati dalle vacanze e la prima cosa che ho trovato entrando in casa è stata una lettera dell’INPS: una seconda visita nel giro di due mesi per la Bruna, il 30 agosto. Da lì in poi le cose sono andate così male su ogni fronte che mi è passata ogni voglia di raccontarlo, e poi raccontare solo che le cose vanno male non serve a niente e non aiuta nessuno, a meno che la sensazione di essere in tanti non sia di conforto (per me non lo è mai).

Il problema principale ad agosto era sapere qualcosa sulle ore di sostegno, la questione che chiunque abbia un figlio disabile conosce. Faccio un piccolo elenco di errori e cose che io e mio marito abbiamo fatto e spero siano di aiuto a qualcuno: la premessa indispensabile è che bisogna avere maestri e presidi pronti e collaboranti, altrimenti è davvero dura, almeno per come l’ho capita e vissuta io.

Errore: accontentarsi delle ore di sostegno date all’asilo

La Bruna ha sempre avuto 12 ore e mezzo di sostegno, quella che viene chiamata mezza cattedra, più le ore di educatrice comunale. Mi sembra di aver capito che abbiamo sempre fatto male ad accontentarci: la cattedra intera veniva fuori per la somma di due mezze cattedre ma avremmo dovuto fare ricorso già all’asilo per avere il sostegno completo.

Lo dico perché forse la cosa ci avrebbe agevolati nel passaggio alle elementari, dove la Bruna è entrata con una richiesta di cattedra completa che all’inizio è stata molto, molto lontana dall’ottenere. Quello che so dopo due mesi di scuola elementare è che per lei (che adesso con il sostegno sta tenendo abbastanza il passo della classe), sarebbe durissima senza una copertura completa e che, in retrospettiva, sarebbe stato meglio assicurarci un sostegno esclusivo già dai primi anni.

Il mio consiglio, se avete figli alla scuola dell’infanzia: datevi da fare per avere una persona che si dedichi a loro e alla classe con una cattedra completa, e che costruisca un progetto volto all’inclusione.

Sulle ore di educativa invece non ho ancora capito se ci sia o no qualcosa da fare, visto che il declino già iniziato all’asilo non si ferma: sempre meno ore, ed è un peccato, anche perché nel nostro comune lavorano educatrici ed educatori molto bravi.

Parola d’ordine: protocollare tutto

Inizio dicendo grazie a chi dentro i gruppi Facebook fa un gran lavoro di informazione: a Diritto e autismo e a Paperinik soprattutto, con le persone che da anni si spendono per aiutare tutti a capire come funziona nel giro complicatissimo di INPS, ASL, MIUR e via dicendo. Io non avrei saputo fare niente se non li avessi conosciuti.

A inizio agosto ho presentato una richiesta scritta alla dirigente scolastica, protocollandola in segreteria: chiedevo che appena possibile mi venisse data:

  • una copia della richiesta di ore di sostegno inviata dalla scuola all’ufficio regionale del MIUR
  • una copia delle ore/cattedre effettivamente assegnate alla scuola dal MIUR
  • una copia delle ore assegnate a mia figlia

Qui rischia di incastrarsi tutto perché deve essere chiaro a tutti che non è una guerra tra istituto scolastico e famiglia: l’istituto fa quel che deve fare chiedendo il numero corretto di ore di sostegno, non è detto che il MIUR risponda dandole tutte. I documenti richiesti per iscritto sono un’arma per il possibile ricorso, insieme al PEI, ed è meglio chiederli e ottenerli.

A cosa ci è servito? Abbiamo la fortuna di avere una preside attenta e precisa che a fine agosto ci ha chiamati per aggiornarci su quello che stava succedendo: pochissime ore assegnate e la necessità di scrivere subito al MIUR chiedendo ore in deroga.

Lo ha fatto la preside scrivendo per prima all’Ufficio Regionale, io (ma non sono sola, ci sono altri che lo hanno fatto insieme a me), ho speso un po’ di euro in raccomandate inviate al MIUR e per conoscenza alla scuola e per fortuna, pare, è bastato: dico pare perché stiamo aspettando che tutto si stabilizzi ma almeno sappiamo che le ore sono arrivate.

Come va la scuola elementare

Bene, grazie. Almeno la Bruna ce la mette tutta, sostenuta per la maggior parte delle ore da un sostegno disponibile, capace e che soprattutto ha voglia di capirla meglio e conoscerla meglio. Solo che non sappiamo se resterà: sarebbe un peccato, dopo due mesi passati a cercare di costruire qualcosa tutti insieme, ma questa è un’altra storia.

La sensazione che ho adesso è che mia figlia sia accolta da persone che sanno, per esperienza, competenza e sensibilità personale, che un bambino è diverso da un altro bambino e che non esistono risposte e approcci preconfezionati, nessuna ricetta vincente per l’autismo. Lei impara a conoscere loro, loro imparano a conoscere lei, non solo per assecondarla e spronarla nel modo giusto ma anche per non farsi fregare da un bel faccino che ispira tenerezza.

In ogni caso, tutta la disponibilità del mondo non compensa le ore di sostegno se queste mancano: battetevi come furie per averle.

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Grandi tappe, La Bruna

L’apparenza inganna (la Bruna alla festa di Natale)

La Bionda in versione natalizia alla festa di Natale dell'asilo.

La Bionda in versione natalizia alla festa di Natale dell’asilo.

Chi è venuto ieri alla festa di Natale ha visto, seduta in prima fila, la mia bimba Bionda che faceva la samba di Natale, mandava baci con la mano alla nonna e a me (papà no, perché questo è il periodo della mammitudine/nonnitudine), cantava eccitata e felice.

Sicuramente ha visto anche l’altra mia bambina Bruna seduta anche lei in prima fila, con la sua meravigliosa maestra accanto che le dava coraggio, partecipare alla festa imbronciata e forse avrà pensato “ma poverina quella bimba, com’è triste”. E invece no, proprio per niente.

Piccolo riassunto delle puntate precedenti: il primo anno di asilo abbiamo fatto fatica a entrare nella sala della festa e ce ne siamo andati prima possibile, l’anno scorso la Bruna ha guardato i suoi compagni cantare dal fondo della sala e quest’anno è stata seduta in prima fila senza scomporsi mai, nemmeno durante gli applausi che in genere la mandano in orbita. Nessuno l’ha obbligata a stare sul palco, non è il modo in cui affrontiamo gli ostacoli, lei ha scelto di starci e alla fine ha pure cantato e recitato la poesia.

Ha sofferto? Sì, sicuramente, ieri sera mi ha detto che ha sempre paura delle persone ma ha scelto di affrontare la paura e questa è la cosa che più conta: voleva farcela e a modo suo ce l’ha fatta. La Bruna non dorme mai durante il giorno e ieri si è addormentata appena ha toccato il suo seggiolino in macchina dimostrandoci con una reazione tutta fisica qual è stato il carico di stress che è riuscita a dominare. Non so se la parola resilienza sia adatta a descriverla ma è quella che si è accesa come un neon nella mia testa quando ieri sera l’ho vista dormire mentre andavamo a prendere il premio promesso. Per questo oggi in questo post c’è la foto della Bionda felice e non la sua, perché il muso triste della Bruna avrebbe raccontato una storia che non c’è stata.

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Grandi tappe, La Bruna

Solo cose belle

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La mia blogger preferita in assoluto dice che quando ha ricevuto la diagnosi di sua figlia lo shock è stato tale che ha avuto bisogno di appoggiarsi al muro per non cadere. Io, quando ci hanno dato la diagnosi, ho sorriso e chiesto: “è recuperabile?”. Ho pianto per la prima volta quindici giorni dopo.

Cerco sempre di mantenere il controllo e trovo sempre qualcosa da dire. Non è il massimo perché a volte parlare per parlare significa dire cazzate di grosse dimensioni: ne sa qualcosa la mia migliore amica che ha assistito a un mio esame universitario a dir poco imbarazzante. Per fortuna è vero che i figli ci insegnano tante cose su noi stessi e per ora la Bruna mi sta insegnando che essere solo ok è accettabile e dire non lo so anche.

Pessimista non lo sono mai stata ma incontentabile sì, oltre che chiacchierona, rigida e pesantona di natura, ed è per questo che fino a poco tempo fa non mi sarebbe mai venuto in mente di elencare le cose belle fatte dalla Bruna e basta: avrei detto ok, ci sono delle cose belle ma per ogni cosa bella ce ne sono almeno cinque che non vanno. Mi sarei sentita obbligata a parlare solo di quelle cose. Invece adesso ho addomesticato l’ansia, ammaestrato l’impazienza e penso che poco alla volta tanti di quegli ostacoli li supereremo o, mal che vada, li lavoreremo ai fianchi: riconosco il valore delle cose belle per quello che sono, senza sentirmi moralmente obbligata ad appiccicarci anche qualcosa di negativo.

C’è anche dell’altro: questo è un blog che parla di mia figlia e non di autismo in generale perché “autismo in generale” è un’idea troppo astratta, forse inesistente:  come dice il mio amico di Facebook, forse usare la parola autismi avrebbe più senso per riuscire a raccontare meglio questa realtà così complessa. E siccome in questa realtà così complessa esistono famiglie e persone che vivono situazioni molto difficili a volte mi sembra indelicato condividere successi e traguardi raggiunti. D’altro canto, però, è anche un modo di raccontare che esistono bambini che rimangono autistici ma funzionano a livelli diversi e quindi, di nuovo, che la parola autismi ha senso.

Cerco, scegliendo di raccontare o di non raccontare, di restare in equilibrio tra il rischio di mostrare che sia tutto facile e che in fondo l’autismo della Bruna sia avvolto nello zucchero filato e il rischio di cadere nell’autocommiserazione o nel racconto di una vita fatta solo di giorni cupi tutti uguali. Non è mai vero in entrambi i casi.

Alla fine comunque smetto di pensare al mio sguardo su di lei e penso a lei e al gran lavoro che fa tutti i giorni cercando di produrre una parola in più, un concetto nuovo, cercando di capire il mondo che la circonda e penso che ogni tanto le devo un post in cui dico quanto è brava, caparbia, smarrita ma tenace.

Solo cose belle, dicevo all’inizio. Eccole qui.

– Meno paura: vincere l’impulso di coprirsi le orecchie e fuggire urlando. Non sempre ma spesso. Al punto di coprirsi per scherzo le orecchie facendo finta di essere spaventata e di saper dire “qui c’è troppo rumore, voglio andare via” o di accettare di starci vicina per provare a farcela (e riuscendoci spesso).

– Parlare. Giocare con le parole. Costruire piccoli dialoghi di senso compiuto. Più lei capisce quel che il mondo le chiede con le parole, più ci entra dentro e lo vive.

– Lasciarsi pulire le orecchie. In cinque anni non ci siamo mai riusciti (ci pensavano le gocce e anche quello era un lavoro per Superman), oggi ci spruzziamo dentro l’acqua dall’aggeggio apposito e riusciamo – appena appena ma passiamolo come successo – a usare i cotton fiocc. Per il 2015 puntiamo al taglio dei capelli.

– Essere curiosa: chiedere chi è, come si chiama, dove abita, cosa stanno facendo, perché fanno così, cosa sta succedendo. Un anno fa erano più le volte in cui non sembrava affatto interessata alle persone e alle cose che le giravano intorno, noi compresi.

– Capire ed eseguire richieste complesse: di nuovo, un anno fa una richiesta come “fai questo  e poi fai quello” non avrebbe dato risultati certi e la Bruna si sarebbe fermata subito dopo la prima richiesta. Oggi i livelli di complessità sono cresciuti e mostrano che lei capisce ed elabora velocemente quello che le si chiede o le si dice.

Una volta di più, questi risultati non sono arrivati da soli per cui tra le cose belle bisogna proprio aggiungere le persone che lavorano e tifano per lei: maestre, terapiste, supervisor ABA e psicologhe di riferimento. Insieme a loro speriamo di fare ancora un bel po’ di cammino.

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